Mara Carfagna, la scissione nel nome di Mario Draghi? Terremoto Forza Italia, l'indiscrezione: slavina in Parlamento
Il terrore nel centrodestra: la "scissione" dentro Forza Italia, nel nome di Mario Draghi. A consultazioni ancora da avviare, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni si interrogano su quale posizione tenere di fronte al premier incaricato. Posizione unitaria, sulla carta, ma in realtà con mille sfumature. Fratelli d'Italia vorrebbe l'astensione, proprio per non spaccare l'alleanza. Salvini è più prudente: "Se l'incaricato è una figura come Draghi non possiamo presentarci con la soluzione già in tasca senza nemmeno sentirlo. Andiamo, poi decidiamo". Unica condizione: che il governo Draghi non duri fino al 2023, a fine legislatura, ma che sia un governo d'emergenza, per gestire con misure ad hoc i dossier su Recovery Plan, vaccini, ristori e ripresa economica, e poi lasci il campo alle elezioni. In quel caso, l'orizzonte temporale sarebbe necessariamente più vicino alla primavera del 2022 che a inizio estate 2021 (in mezzo, il semestre bianco e l'elezione del nuovo presidente della Repubblica dopo Sergio Mattarella).
"Nasce quello che temo". Draghi premier? "Il mio voto non è scontato". Il forzista Giro si ribella: un pesante sospetto sul nuovo governo
E Berlusconi? "Forza Italia c'è, nell'interesse del Paese", preannuncia la capogruppo Mariastella Gelmini. Su quel "c'è" si apre tutto un mondo politico. Secondo Repubblica, in quelle stesse ore, "lo studio della vicepresidente della Camera Mara Carfagna, primo piano di Montecitorio, è diventato l'epicentro del terremoto forzista". Intorno a lei graviterebbero Giovanni Toti, l'ex grillino Emilio Carelli, altri moderati come Gaetano Quagliariello, i senatori di Cambiamo e quelli dell'Udc, "decine di deputati e senatori di Fi". Tutti coloro, cioè, che avevano rifiutato di entrare nel gruppo dei responsabili ed europeisti contiani. "A fine giornata se ne conteranno quasi cinquanta. Una trentina di deputati e una ventina di senatori", sottolinea Repubblica: tutti favorevoli a dare l'appoggio al governo Draghi.
"L'11% in Parlamento non basta". Draghi sale al Quirinale, panico nel Pd: ma i numeri ci sono?
"Chiamano Silvio Berlusconi e gli chiedono di prendere posizione pubblicamente con una nota a favore dell'incaricato", che finora però non è arrivata. Sul capo del Cav graverebbe la minaccia dei dissidenti: "Una raccolta firme dentro i gruppi". Al telefono, Berlusconi avrebbe rassicurato i "rivoltosi" che "non c'è alcun veto su Draghi" e che la prospettiva di un "governo dei migliori", come invocato qualche giorno fa, è ancora sul tavolo. D'altronde, la mancanza di una nota congiunta dopo il vertice del centrodestra testimonia come la situazione sia ancora molto fluida e in continuo divenire. E pare che Salvini abbia messo in guardia BerlusconI: "Se decolla il governo Draghi, è chiaro che poi andrà anche al Quirinale, quella porta per te si chiude".