Silvio Berlusconi non può diventare presidente della Repubblica, parola di Romano Prodi. "Non ritengo che abbia la maggioranza per andare al Quirinale, però tutto può avvenire in questo quadro politico", ha detto l’ex leader dell’Ulivo, ospite della trasmissione Studio 24 su Rainews 24. Ma il problema, secondo Prodi, non esisterebbe solo a livello di numeri. Per il professore, è in ballo anche un'altra delicata questione: "Di solito al Quirinale vanno persone meno controverse, proprio perché la funzione del nostro presidente della Repubblica è quella di aiutare una convergenza e non una polarizzazione del sistema". Le parole di Prodi sembrano quasi una pietra tombale sulle intenzioni di Berlusconi di salire al Colle come successore di Sergio Mattarella. Possibilità ventilata, tra l'altro, dal leader della Lega Matteo Salvini a Non è l'arena, il programma condotto da Massimo Giletti su La7. "Può ambire al Quirinale", ha detto il segretario del Carroccio, che però ha aggiunto: "Tuttavia non facciamo riunioni per parlare di questo".
Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il sospetto: "Questo lo fa davvero". La "nota ambigua" di Berlusconi: lo scenario spacca-centrodestra
Con l'apertura della crisi nella maggioranza, un po' di scompiglio è arrivato anche nel centrodestra. Mat...In riferimento all'ex leader dell'Ulivo, comunque, va sottolineato che anche lui provò a salire al Colle, ma fallì miseramente. Nel 2013, infatti, Prodi non riuscì ad avere il consenso necessario per diventare capo dello Stato, neppure all'interno del suo stesso partito. A un passo dall'elezione il professore venne tradito da numerosi "franchi tiratori". Tanto che alla fine gli mancarono ben 101 voti, non proprio pochi insomma.
Recovery Plan, "Ripartire dal Sud e dal Mediterraneo". L'appello della senatrice di Forza Italia Papatheu
La senatrice siciliana di FI Urania Papatheu ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’ottimizzazione dell&...Ancora oggi ci si chiede cosa sia andato storto nell'elezione di Romano Prodi. Il suo nome per il Colle, infatti, era stato accolto dall'assemblea dei dem, che si era riunita qualche ora prima del voto, con una vera e propria standing ovation. L'opposto di quando, invece, Pier Luigi Bersani fece il nome di Franco Marini. Tutto sembrava ormai deciso, fino al colpo di scena in Aula e all'elezione di Giorgio Napolitano, al suo secondo mandato.