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Giuseppe Conte licenzia Rocco Casalino. Indiscrezione da Palazzo Chigi: a cosa è disposto per salvare la poltrona

di Antonio Rapisarda martedì 26 gennaio 2021

3' di lettura

Abbattere l'effigie del "contismo" stesso come condizione - necessaria, vedremo se sufficiente - per trasformare l'eventuale strettoia del Conte ter in un'autostrada a tre corsie, magari modello "Ursula". Anzi, per dirla con il registro narrativo attribuito ufficiosamente a Rocco Casalino: «Asfaltarlo», questo simbolo. Politicamente parlando, è chiaro. Se non fosse fatalmente proprio lui - il portavoce tutt' altro che "ombra" del premier (che presenterà oggi le sue dimissioni al capo dello Stato) - il tassello da estrarre, per rimpastare a dovere l'esperienza giallo-fucsia. A maggior ragione dopo quella minaccia "oltraggiosa" riferita all'ex rottamatore - «Se andiamo in Senato lo asfaltiamo come è successo con Salvini» - sparata di fatto a salve ma che ha fatto precipitare il già complicato rapporto fra il padre politico del Conte II, Matteo Renzi appunto, e il premier "Barbapapà" (copyright di Giorgia Meloni). Mai dire mai, però, in politica. Ed è così che più che Bonafede e il suo giustizialismo, più che Fraccaro e l'appetita poltrona di sottosegretario alla Presidenza, potrebbe essere proprio l'ingegner Rocco l'agnello sacrificale con cui lavare via i peccati di hybris dell'avvocato di Volturara Appula e riportare Giuseppi sulla retta via. Perché il problema - dall'adunata dei "responsabili" alle percentuali osannate sul futuro partito contiano (che tanto turba i sogni di Renzi & co) -, sarebbe proprio là: nella war room del portavoce. E allora c'è chi sostiene che ad horas starebbe tornando al centro la richiesta iniziale dei renziani a Conte: più che "dacci il Mes" quotidiano, liberaci da Rocco. «Capisco che nella cultura del Grande Fratello è difficile da accettare - attaccava non a caso l'ex premier nelle ore in cui faceva dimettere le sue ministre -, ma i testi di legge non sono post, i decreti non sono tweet, una riforma non è una storia su Instagram».

 

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Fine del reality - Un riferimento tutt' altro che felpato all'idiosincrasia del leader di Italia Viva (ma condivisa da ampie fette del Pd) per lo show di Casalino, sceneggiatore e regista - secondo i maligni - di tutta la drammatizzazione con cui Conte ha accentrato su di sé la crisi: da quella pandemica a quella politica. Ma a dire ciò che Zingaretti e il Pd pensano del "metodo Conte", evidentemente, è stato compito dell'ariete di Rignano: «Casalino è bravissimo a fare il suo mestiere», spiegava ancora Renzi a metà gennaio. «È fedele interprete del pensiero del suo capo. Quello che fa lui per me è un grande reality permanente in cui si può geolocalizzare il bunker di Bengasi o trasformare in show le passeggiate in centro...». In questo triangolo rusticano Renzi-Conte-Casalino, non sono mancate poi le gaffe istituzionali dell'onnipresente - ingombrante persino nelle conferenze stampa di palazzo Chigi - ex Gf: che dire della pagina contro il leader di Iv («Clicca qui se vuoi mandare a casa Renzi», si leggeva nel meme) apparsa sul profilo ufficiale del premier subito dopo la conta al Senato? Trovata "giustificata" con un improbabile attacco hacker che ha fatto drizzare le orecchie - con tanto di imbarazzo di tutto il governo - anche al Copasir. E l'ultima ieri, quando Casalino si sarebbe arrabbiato perfino con il portavoce di Mattarella dopo che gli sarebbe stata negata una stanza al Quirinale per fare una conferenza stampa in diretta. Ragion per cui, si vocifera nei Palazzi, lo scalpo di Rocco sarebbe tutto sommato un balsamo per gli alleati di maggioranza ma anche per molti big dei 5 Stelle, ad iniziare proprio da Luigi Di Maio: un modo per staccare il "microfono" a Conte. Figuriamoci per i renziani, per i quali il "ministro Casalino" - visto il suo peso specifico politico - vale da solo mezzo rimpasto.

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