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Emilio Carelli, "molti parlamentari M5s la pensano come me". Conte, Renzi e le dimissioni: si ribalta il quadro

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"Molti parlamentari M5s la pensano come me". Emilio Carelli ammette al Corriere della Sera quello che molti suoi colleghi grillini non vogliono (o non possono) dire: a Giuseppe Conte di fatto è rimasta una sola strada: ricucire con Matteo Renzi. "So di essere in contrasto con le posizioni ufficiali - spiega il giornalista e deputato al Corriere della Sera -, ma per me la cosa più importante è l'unità di intenti e mi sembra giusto provare a indicare soluzioni".


 

 

La prima via è la creazione di un gruppo "formato da moderati e liberali di centro, che credono nell'Europa e non vogliono un'Italia governata da Salvini e Meloni". La via dei responsabili, che però non ci sono e a cui Carelli dice di non aver mai creduto fino in fondo. L'altra è obbligata: "Sedersi intorno a un tavolo con Italia viva, per cercare un accordo di fine legislatura che porti anche a un rimpasto di governo, che migliori la squadra e inserisca competenze nuove". Conte, dunque, dovrebbe mettere  da parte rancori e rivalse personali. Renzi, dal canto suo, "con il gesto irresponsabile di togliere la fiducia al governo,  ha dimostrato di essere inaffidabile". Ma Carelli sente "di dovergli fare un appello, perché dimostri in qualche modo di essere affidabile, così che il governo possa rimettersi al lavoro per portare avanti i progetti del Recovery plan, che valgono 223 miliardi". Se i due leader siglassero la pace non sarebbe uno smacco per il premier. "Conte vincerebbe, perché resterebbe a Palazzo Chigi alla guida di un governo più forte".

 

Altre ipotesi appaiono impercorribili, a partire da un ingresso nel governo di Forza Italia perché "il M5S si spaccherebbe". Ma c'è anche lo scenario estremo, che Carelli non esclude: un governo senza Conte premier. "Sarà Mattarella a decidere, ma noi ci siamo stretti intorno a Conte e riteniamo fondamentale che resti premier".  Ma l'obbligo "politico e morale" resta quello di conclude la legislatura, a ogni costo. E se giovedì il governo andasse sotto sulla relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, Conte "ne uscirebbe ulteriormente indebolito, per cui è probabile che sceglierebbe di dimettersi. Ma se non troverà i numeri è anche possibile che lo faccia prima".

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