Pierferdinando Casini, "escludo di poter votare sì". Segnale inequivocabile: qui cade Conte
"Escludo di poter votare a favore". Pierferdinando Casini lo mette subito in chiaro: giovedì, in Senato, quando il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede esporrà la propria relazione sulla contestatissima riforma, l'ultimo dei democristiano voterà no. O perlomeno si asterrà, lanciando comunque un chiarissimo segnale al governo raccogliticcio di Giuseppe Conte: altro che manipolo di responsabili, così non si può andare avanti.
Il teatrino della crisi, spiega Casini, senatore eletto con il Pd e passato al Misto, che la scorsa settimana ha votato la fiducia a Conte, "non è comprensibile". "Un problema di classe dirigente e di ceto politico", lascia intendere intervistato dal Quotidiano nazionale. Ma esclude un voto anticipato? "Figuriamoci. Nessuno vuole davvero andare alle urne prima della fine della legislatura. Di più: l'Italia non lo vuole e chi le auspica nel mondo politico in realtà non ha nemmeno lontanamente voglia di farle. È un teatro che serve solo tatticamente per creare paura e accelerare la soluzione". Una soluzione che porta necessariamente verso Matteo Renzi: "Italia Viva ha premuto troppo sull'acceleratore, non vi è dubbio alcuno. E sono finiti fuoristrada. Ma oggi non deve prevalere un infantilismo nel segno opposto: basta con tutte queste ordalie anti-renziane". Insomma, "bisogna rimboccarsi le maniche e rifare i conti con Matteo e i suoi". Conte però lo odia cordialmente: "Pazienza, la storia, non solo italiana, è piena di politici che si detestavano ma governavano, e bene, insieme". Il rischio è che Conte, troppo orgoglioso o troppo ottimista, decida comunque di tirare dritto, come fatto una settimana fa. In questo caso, però, se cadesse farebbe il botto. Niente Conte Bis e nemmeno Conte Ter: nessun Casini potrebbe salvarlo. D'altronde, la sentenza sulla riforma Bonafede assomiglia a una lapide: "Sulla giustizia l'esecutivo non si è mosso. Aspettiamo ancora la Commissione tecnica sulla prescrizione che aveva promesso il presidente Conte, per non parlare delle intercettazioni i cui abusi continuano a piene mani e della vicenda non chiarita della rivolta nelle carceri".