Pietro Senaldi e le minacce di Matteo Renzi? Il retroscena: perché ancora non strappa
La verifica di ieri sera tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi non smuove la questione di un millimetro. La storia è nota. Il leader di Italia Viva ha lanciato la sua offensiva contro Palazzo Chigi ormai dieci giorni fa. L'ex rottamatore, neanche fosse ancora all'opposizione, ha accusato l'esecutivo di incompetenza e il premier di voler fare il piccolo dittatore, contornandosi di una squadra di commissari che riferiscono solo a lui. L'obiettivo di Renzi era tenere in scacco la presidenza del Consiglio fino a dopo l'approvazione della legge di bilancio. Conte però si è sottratto alla trappola, aprendo una verifica sulla tenuta del governo con tutte le forze della maggioranza e tenendo per ultima Italia Viva, in modo da incontrarla solo dopo aver avuto rassicurazioni da Cinquestelle e Pd. Come non bastasse, Matteo si è trovato ancora più in difficoltà perché l'incontro di ieri è arrivato al termine di una giornata trionfale per il governo, che dopo oltre cento giorni è riuscito a liberare i pescatori siciliani sequestrati dall'esercito del generale libico Haftar. Il viaggio del premier e del ministro degli Esteri Di Maio a Bengasi, quasi a voler pubblicamente omaggiare il sequestratore, al quale è stato pagato un prezzo alto, è molto poco istituzionale, e probabilmente anche diplomaticamente squalificante. Tuttavia queste sono valutazioni da politicanti, perché mediaticamente la missione è stata un successo, solo parzialmente rovinato dalla vanità del portavoce del premier, Rocco Casalino, che ha sfiorato l'incidente internazionale facendosi inopportuna pubblicità con il telefonino.
La lettera
Renzi ha provato a ribaltare la situazione pubblicando su facebook una lunga lettera al premier, precedente il loro incontro. In essa, il leader di Italia Viva ha replicato tutte le accuse di inettitudine nella gestione della pandemia e di violazioni alla democrazia fatte nei giorni scorsi al governo e poi gli ha posto alcune domande chiave: la posizione che deve assumere il Paese nello scacchiere geopolitico dopo la vittoria negli Usa di Biden, che Renzi ritiene un suo amico personale, quando il governo riformerà la giustizia e perché l'esecutivo ha deciso di impegnare la maggior parte dei denari in arrivo dall'Europa con il Recovery Fund su progetti già esistenti e non per nuovi investimenti. Il tutto condito da sferzanti accuse sui temi scuola e trasporti e dall'ostentata preoccupazione che l'Italia di Conte arrivi ultima tanto nella corsa ai vaccini quanto nella ripresa economica. Un cahier de doleance lungo e condivisibile, che aveva lo scopo principale di impedire al premier una risposta esaustiva e tenerlo a mollo fino a gennaio, come da piano originario del politico fiorentino. Insomma, siamo a capo a dodici. La questione ancora aperta è se il leader di Italia Viva andrà in fondo. Senz' altro la Lega di Salvini fino a qualche giorno fa coltivava il sogno che il Matteo toscano saltasse dall'altra parte e, con una cinquantina di grillini in libera uscita, contribuisse a formare un nuovo governo. Il progetto però è stato smontato a destra dalla Meloni, che è riuscita a convincere l'ex ministro dell'Interno a non fidarsi del suo omonimo, e a sinistra dagli uomini di Mattarella, il quale non vede di buon occhio cambi di scenario drastici. A far naufragare il tutto, ci si è messo anche il Pd, nella cui trappola Renzi è caduto come capitò a Salvini nell'agosto del 2019. L'armiamoci e partite lanciato da Zingaretti e compagni, che aveva fatto sperare alla Lega di portare l'Italia al voto un anno fa, ha ingannato anche il furbastro di Rignano, mandato avanti a far la guerra a Conte e poi lasciato senza fuoco di copertura dai vecchi sottoposti di partito.
Cambiare schema
L'ex sindaco di Firenze ora si trova a metà del guado. Abile politico, è riuscito a prendere tempo, ma prima o poi dovrà decidere se fare retromarcia, e prendersi i fischi del caso, o andare avanti, dando concretezza e aggressività al suo attacco per abbattere il premier. Dal nostro punto di vista, la strada è obbligata. L'operazione Italia Viva è interessante, ma in oltre un anno di vita non è ancora riuscita a decollare nei consensi e difficilmente lo farà senza cambiare schema di gioco. Renzi non può vivacchiare. È un combattente da grandi sfide, non un guerrigliero da scaramucce. Chi sostiene che si stia agitando tanto solo per avere più peso nella scelta delle nuove poltrone pubbliche da assegnare, gli fa un torto. L'uomo ama il potere, ma non si accontenta di così poco. La sensazione è che andrà avanti finché non troverà un equilibrio più solido di quello attuale. Gli è di aiuto il fatto che non è il solo nel nostro Parlamento a doversi inventare un nuovo baricentro.