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Matteo Renzi, le indiscrezioni: possibile ingresso al governo come ministro. Eppure diceva che "le poltrone non ci interessano"

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Non c’è due senza tre. Giuseppe Conte, consapevole delle tensioni interne alla sua maggioranza, decide di reagire. E così trasforma la verifica sul Recovery Fund in una verifica di governo, avviando un percorso che dovrebbe portare al Conte ter, con Matteo Renzi ministro se necessario. Stando a un retroscena di Repubblica, sembra questo – per il premier –  l’unico modo per uscire dall’impasse. Il presidente del Consiglio, inoltre, sa bene che il tempo stringe: si dice che il leader di Italia Viva voglia mettere un punto a questa esperienza di governo subito dopo il voto sulla manovra, intorno al 28 dicembre. Per evitare un salto nel vuoto, allora, Conte inizierà molto presto. Incontrerà i leader di maggioranza faccia a faccia, riunirà “nelle prossime ore e nei prossimi giorni le singole forze politiche di maggioranza”, poi le vedrà “collegialmente”. Farà tutto in un paio di settimane, spiega Repubblica. E nel caso in cui davvero Renzi diventasse ministro, suonerebbero davvero peculiari le parole pronunciate al Senato contro Conte solamente tre giorni fa: "Vuole poltrone? Ecco qui le nostre".

 

 

 

Per Giuseppe Conte, dunque, l’unica strada (escludendo la sua defenestrazione) è quella che va verso un nuovo patto di legislatura e un terzo governo da lui guidato. Unica condizione è che siano gli alleati a chiedergli un esecutivo rinnovato, “pubblicamente, in modo trasparente, assumendosene la responsabilità”. In questo modo nessuno potrà rimangiarsi la parola data una volta aperta formalmente la crisi, nemmeno Renzi. Trattare per un “ter” significherà ovviamente anche concedere qualcosa. Ad esempio un posto da ministro al senatore di Scandicci. E Conte – scrive Repubblica – considera inevitabile che ciò accada. Bisogna tener conto, però, anche degli altri due leader di maggioranza, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Nessuno dice cosa vuole davvero, ma tutti minacciano le elezioni. In realtà però non le vogliono né Di Maio, per via dei sondaggi, né Zingaretti, per non consegnare il Paese all’opposizione. E neanche Renzi, l'unico ad ammetterlo in maniera esplicita. 

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