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Dpcm, scontro sul coprifuoco: "Il testo può slittare di giorni". Lombardia e Piemonte verso il lockdown: ecco come funzionerà
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Siamo al caos. Giuseppe Conte ha parlato in aula già ieri, lunedì 2 novembre. Il tema? Il nuovo dpcm per il contenimento dell'epidemia da coronavirus. Ma non ci sono accordi né testi definitivi: il braccio di ferro con le regioni è durissimo, tanto che Sergio Mattarella ha chiamato Giovanni Toti e Stefano Bonaccini chiedendo la massima collaborazione. In tutto ciò, come detto, il testo latita: il decreto non è ancora pronto. Conte contava di firmarlo oggi, possibile (anzi, probabile) uno slittamento a domani, mercoledì 4 novembre. Ma Dagospia addirittura non esclude che si vada a giovedì o venerdì: insomma, la confusione regna sovrana.
Uno dei nodi riguarda il coprifuoco: alle 18 oppure alle 21? Conte non lo vuole affatto. Alcune regioni, secondo il Corriere della Sera, tra cui Lombardia, Campania e Puglia, chiedevano di far scattare la stretta alle 18. Il Pd, con Dario Franceschini e Francesco Boccia e con il sostegno di Roberto Speranza, si è battuto per non andare oltre le 20. Nella tarda serata di lunedì l'accordo era sul coprifuoco alle 21, ma ancora nulla è deciso. Possibili anche le 22.
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Per certo, però, ci sono delle regioni che sarebbero a un passo dal lockdown: Lombardia e Piemonte su tutte, per le quali Roberto Speranza vorrebbe far scattare la zona rossa già oggi. I governatori, invece, chiedono di aspettare fino a venerdì o almeno fino al definitivo via libera al prossimo dpcm. Lombardia e Piemonte rischiano perché hanno un indice Rt, quello che misura la diffusione del contagio, sopra a 2. Contrari alla serrata, però, Attilio Fontana e Beppe Sala. Anche la Calabria veniva indicata come possibile regione soggetta a lockdown, in base al meccanismo "a fasce" individuato dal governo e dal Cts.
Stretta sugli spostamenti da e per le regioni ad elevato rischio. In termini pratici non si potrà entrare nelle regioni che sono in lockdown (o zona rossa) e i residenti non potranno uscire, a meno che non ci siano "comprovate esigenze", ossia motivi di lavoro, di salute e di urgenza che devono però essere dimostrati e annotati sul modulo di autocertificazione. Rimane sempre la possibilità di fare ritorno nel proprio domicilio e dunque chi si trova in una "zona rossa" al momento dell’entrata in vigore dell’ordinanza potrà uscire.
Tra i punti dati per certi, la riduzione della capienza per il trasporto pubblico al 50% su tutto il territorio nazionale (oggi la capienza è all'80%). Anche sui treni ad alta velocità la capienza rimarrà al 50 per cento. E ancora, bar e ristoranti (ma forse non in tutte le regioni) resteranno aperti fino alle 18 ma verrà introdotto l'obbligo di chiusura la domenica a pranzo. Chiusi nei fine settimana e nei giorni festivi anche i centri commerciali, all'interno delle quali potranno restare aperti solo alimentari, farmacie, parafarmacie e tabaccai.
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Stretta anche sulla scuola, uno dei punti più controversi e discussi. La sola Lucia Azzolina, di fatto, difendeva le lezioni in presenza. Anche premier Conte era partito determinato a difendere la scuola a ogni costo, ma lunedì alla Camera il premier ha dato il via libera alla soluzione preferita dai presidenti delle Regioni per alleggerire gli assembramenti sui bus: "Prevediamo la possibilità che le scuole secondarie di secondo grado possano passare anche integralmente alla didattica a distanza, sperando che questa sia una misura ben temporanea". Verranno chiusi musei e mostre "anche nelle Regioni dove il pericolo di contagio è meno insistito". Insomma, la cultura va in lockdown.
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