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Vincenzo De Luca, la pediatra scrive a Libero: "Ho lavorato con lui. Usa la sanità soltanto per il potere"

Maria Teresa Baione (medico pediatra)
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Gentile direttore Senaldi, sono campana, salernitana, sono un medico pediatra che ha lavorato in ospedale e nell'università della mia città, sono stata consigliere comunale con delega alla Sanità, sindaco l'onorevole Vincenzo De Luca, per due legislature. Posso dire, con certezza, che nessuna empatia ha caratterizzato l'azione di De Luca rispetto alla Sanità pubblica, se non l'occupazione politica di postazioni nel settore (apicali e non), come del resto facevano e fanno tutte le forze politiche, a seconda del loro peso elettorale. Questo è, e dobbiamo dirlo con franchezza. In Campania l'inefficienza delle strutture sanitarie pubbliche, anche se ci sono alcune eccellenze alle quali va tutto il nostro rispetto, è abbastanza evidente e se la zoppia, in tempi normali, si può bilanciare con le stampelle, in tempi di Covid-19 tutto precipita. La preoccupazione del presidente De Luca è quindi legittima e, però, è giusto chiedersi: dov' era quando il disastro della Campania, sotto l'aspetto sanitario e l'aspetto economico, era ampiamente previsto? Il presidente della giunta regionale della Campania non si è reso conto che dopo tanti anni di inefficienze - per carità, non tutte attribuibili a lui -, doveva chiedere con forza, al "governo amico", di potenziare gli organici ospedalieri, i posti letto, la medicina del territorio, le terapie intensive e sub-intensive.

 

 

 

Sembrerebbe che tali richieste al governo nazionale siano state fatte, ma i bandi per l'arruolamento di personale sanitario e para-sanitario sono stati approvati solo nella prima settimana di ottobre; e all'appello nei nostri ospedali mancano ancora un centinaio di terapie intensive rispetto a quelle che dovevano essere attivate. Non si possono sempre far pagare ai cittadini lo spreco e le inefficienze di un sistema che dovrebbe rappresentare l'orgoglio di ogni buona amministrazione. A cosa serve sbraitare, mostrare la Tac di un ammalato, chiedere ulteriori restrizioni, l'esercito nelle strade, le forze dell'ordine, solo perché la paura che il sistema sanitario campano non regga attanaglia, ora, la coscienza, come la perdita dei consensi? È assolutamente vero che la Regione Campania riceve quote per la sanità inferiori a quelle di altre regioni, e che i criteri di ripartizione dei fondi sono sbagliati, ma stabilire le priorità e scegliere dove indirizzare quei fondi è compito della programmazione regionale.

Dunque, "battere cassa" e soddisfare la domanda di salute dei cittadini resta l'obiettivo prioritario. Ciò non è stato e non è! Un governo totalmente incapace di gestire questa epidemia con gravi ripercussioni su tutte le regioni italiane crea i presupposti per un "fai da te" che è quanto di più tragico possa capitare alla Nazione. Dunque, perché meravigliarsi se la pazienza dei cittadini è finita? Perché voler dare connotati "politici" a una protesta popolare che, per quanto violenta, ha le sue buone ragioni? Ho trovato molto pertinente a riguardo il titolo dato l'altro giorno da Libero, «Hanno ragione i napoletani» Il disastro parte da lontano e l'epidemia soffia sul fuoco e alimenta le fiamme di un dissenso che può diventare incontrollabile. Eppure, nella nostra quotidiana tragedia, nella sofferenza di centinaia di persone cui hanno sottratto, già da tempo, il diritto a molte prestazioni sanitarie, non si è mai registrata una parola di scusa, un gesto di umiltà, che avrebbe potuto stabilire un "nuovo patto" tra potere e cittadino e rendere magari più accettabili nuovi sacrifici. 

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