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Dpcm, enti locali contro Giuseppe Conte: "Scaricabarile sul coprifuoco". L'accusa: non governa ma sceglie il consenso

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E alla fine il governo varò un pacchetto di norme relativamente soft, con l'ultimo dpcm per il contenimento del coronavirus. Di fatto bar e ristoranti restano aperti fino alle 24, anticipata alle 18 la consumazione esclusivamente al tavolo. Una settimana in più alle palestre per adeguarsi, le norme sullo smart-working delegate a un imminente provvedimento della Dadone, scuole aperte. Vince la linea del premier, Giuseppe Conte, che si è opposto a chi nel governo era per la linea del rigore assoluto, capeggiata da Dario Franceschini e Roberto Speranza.

 

Ma c'è un punto sul quale, durante le riunioni, si è scatenata una polemica destinata a durare: la cosiddetta "movida". Il premier ha deciso di delegare tutto ai sindaci, ai quali va la possibilità "di chiudere al pubblico dopo le 21 vie o piazze nei centri urbani dove si possono creare situazioni di assembramento". Una decisione che fa infuriare gli enti locali, per i quali si è espresso il presidente Anci, Antonio Decaro: "Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore, inserisce una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sui sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell'opinione pubblica. E questo non lo accettiamo". E ancora: "Nei momenti difficili le istituzioni si assumono le responsabilità, non le scaricano su altre istituzioni con cui lealmente dovrebbero collaborare".

Accuse grave, diretta, precisa. E in effetti il sospetto è che Conte, in questo caso, preferisca lavarsene le mani. Tra il governare e il consenso, insomma, sceglie il secondo. Almeno a breve termine. Almeno ricordando lo tsunami di polemiche che lo travolse per la gestione, ferrea ma caotica, della prima ondata. 

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