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Monte Bianco, torna in discussione il confine con la Francia: attacco alla sovranità italiana e la Farnesina tace

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 Dopo 160 anni, all'improvviso, la vetta del Monte Bianco si è trasferita in Francia. O meglio, i Comuni di Chamonix e St. Gervais hanno spostato unilateralmente il confine, violando un accordo del 1860 che sancisce la sovranità italiana del Rifugio Torino. Chiusi i tornelli che conducono al versante sud della montagna, i francesi ora incassano i profitti derivanti dall'impianto di risalita e, per confermare la loro conquista cartografica, il 27 giugno 2019 avevano vietato inoltre l'atterraggio in parapendio di tutta la zona. 

I confini tra Italia e Francia nella zona del massiccio del Monte Bianco sono da tempo oggetto di una controversia internazionale, riguardante la stessa cima del Monte Bianco e la zona del Colle del Gigante - Punta Helbronner, di rilievo per l'Italia come punto di arrivo della funivia proveniente da Courmayeur e come sito dello storico rifugio Torino. 

 

IL BLITZ
A sollevare la questione era stato, ai tempi del blitz transalpino, il deputato di Fratelli d'Italia Francesco Lollobrigida, depositando alla Camera, il 5 agosto 2019, un'interrogazione urgente al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, per conoscere quali iniziative intendessero intraprendere per tutelare l'interesse nazionale e la sovranità dello Stato italiano nelle aree del Monte Bianco; per supportare le istituzioni territoriali coinvolte nella gestione dei problemi amministrativi ed economici relativi alle attività turistiche, sportive ed alpinistiche che si svolgono in quelle zone nevralgiche per l'accesso al massiccio e alla vetta del Monte Bianco; per giungere alla definitiva risoluzione di un contenzioso diplomatico», conclude Lollobrigida, «che si trascina ormai da oltre 70 anni, durante i quali l'Italia ha sempre subito le iniziative unilaterali ed arbitrarie delle autorità francesi». 

Con la tipica calma di chi se ne frega, il governo si è degnato di rispondere il 12 ottobre scorso, impiegando oltre quattordici mesi per comunicare, attraverso il sottosegretario Ivan Scalfarotto, che la Farnesina, «tramite l'ambasciata a Parigi ha subito proceduto a rappresentare con formalmente e con fermezza alle autorità francesi, la tradizionale posizione italiana riguardo ai confini». 

LA DIPLOMAZIA
In teoria, l'esecutivo sa il fatto suo. Nel dossier, si spiega che l'accordo sui confini risale al Trattato di Torino del 1860 e lascia il celebre Rifugio Torino in suolo italiano, pur cedendo le contee di Nizza e della Savoia a Parigi. In base a quell'accordo, tuttora vigente, l'Italia ha inviato quindi una nota alle Autorità francesi, le quali tuttavia giudicano che si tratti di carta straccia e replicano «facendo presente che il provvedimento verte su una zona geografica che costituisce da svariati decenni l'oggetto di un contenzioso tra Francia e Italia e che le Autorità si sono dimostrate disponibili ad affrontare la questione nella Commissione mista per la manutenzione del tracciato dei confini». In pratica, le feluche si preparano a discuterne amabilmente davanti a un tè, magari accompagnato da un pasticcino montblanc, ma intanto il Rifugio Torino è passato in mani francesi. 

 

Anche se «si assicura che pertanto il Governo continuerà a seguire la questione, al fine di addivenire quanto prima possibile ad una soluzione soddisfacente della questione». Si dice così quando si cede. Non ci si rivolge mica a una Corte internazionale per dirimere definitivamente la questione. Se no, Oltralpe si adombrerebbero. E, soprattutto, a Palazzo Chigi non si intende passare per sovranisti. Altrimenti, giunti a questo punto, potremmo aprire un nuovo tavolo di negoziato per lasciare Oltralpe qualche quintale di roccia, ma pretendere d iornare in possesso di Nizza e della Savoia.

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