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Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, Paolo Becchi sulla faida M5s: "Perché l'ex capo rischia grosso"

Paolo Becchi
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Siamo allo scontro finale all'interno del Movimento Cinque Stelle? Una cosa è certa. Il MoVimento dopo la morte di Gianroberto Casaleggio aveva visto come protagonisti il figlio Davide e Di Maio (Sullo sfondo come garante Grillo). Quel sodalizio è ormai finito. I due non si parlano da diverse settimane e la lettera di accuse di Lombardi contro Davide Casaleggio addirittura precede la sua uscita sul blog in difesa della democrazia diretta e dei principi del MoVimento, che tanto ha fatto discutere. Insomma, ormai Casaleggio è in larga parte isolato tra i "governativi". E a poco giova il suo tentativo sul blog di mostrare ora un improvviso attivismo con diverse interviste. Non è chiaro, quanti senatori sarebbero disposti a seguirlo dopo un eventuale strappo che metterebbe in crisi il governo. Dai tre a venti a seconda dei punti di vista. La verità probabilmente è nel mezzo. Non si tratta solo di divergenze sull'organizzazione interna del MoVimento. L'idea è di liberarsi di Davide Casaleggio. Il figlio non è il padre, ma per disconoscere in modo definitivo il padre, bisogna far fuori anche il figlio, con i suoi richiami ad un passato, per la verità - va pur detto - ormai abbandonato da tempo. Non va infatti dimenticato che all'origine della svolta in senso partitico che ora egli rimprovera a Di Maio c'è anche lui, quando insieme a Di Maio il 21 dicembre 2017 ha costituito un partito denominato "MoVimento 5 stelle", che ha preso il posto della Associazione fondata dal padre con Grillo. Ma torniamo all'oggi.

 

 

 

In tribunale - Chi crede che si discuta dell'organizzazione interna - organo collegiale o capo alla guida del movimento - sbaglia. La proposta dell'organo collegiale ha due funzioni: quella di impedire che Di Battista diventi il capo del MoVimento ed al contempo introdurre in modo subdolo il terzo mandato, voluto dai parlamentari che altrimenti non potrebbero essere più eletti. Per decidere tra capo o organo collegiale ci vuole un cambiamento dello Statuto e se gli iscritti dovessero approvarlo, ai prossimi Stati generali del 7 - 8 novembre, la sconfitta di Casaleggio sarebbe definitiva. Il conflitto potrebbe allora spostarsi sul possesso del simbolo, che è argomento molto controverso, da tribunali. E per la verità già un tribunale se ne sta occupando.

I tempi - Il risultato della votazione degli iscritti è tutt' altro che scontato. Di Maio può contare su una buona maggioranza di parlamentari e su Grillo (che al momento preferisce starsene in disparte), molti attivisti, come mostrano le reazioni contro il Comitato di garanzia (garanzia di cosa?) che aveva preso posizione contro Casaleggio, non sono però disposti ad ingoiare il rospo del terzo mandato. Siamo allo scontro finale? Non è detto. Casaleggio probabilmente lo vuole. Meglio il conflitto che questa lunga agonia. Di Maio però potrebbe avere interesse a differirlo nel tempo. Come? Evitando ora lo scontro diretto sul terzo mandato - insistendo sul fatto che non è su questo che si vota - ma portando a casa ai prossimi Stati generali il risultato di eliminare Di Battista dalla corsa per diventare capo politico. Il destino di Casaleggio sarebbe così congelato fino alle elezioni amministrative del prossimo anno, quello di Di Battista invece definitivamente segnato. 

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