Coronavirus, le direttive del governo per elezioni regionali e referendum: febbre e tosse, vietato votare nei seggi
Se hai 37,6 non puoi votare. Se hai la tosse o il catarro, devi girare alla larga dai seggi elettorali. Anche se non è Covid. Sono le regole stabilite dal governo per disciplinare le operazioni di voto e varranno per il turno del 20 e 21 settembre. Le prefetture nei giorni scorsi hanno ricevuto un protocollo sanitario firmato dai ministri di Interno e Salute. Sempre sotto dettatura del Comitato tecnico scientifico. Nel primo paragrafo si spiega come dovranno essere allestiti i seggi. Cioè, in maniera tale che ci siano due percorsi distinti di entrata e uscita; che non siano favoriti assembramenti; che si possa rispettare la distanza interpersonale di un metro tra le persone e di due metri tra votante e scrutatori. I seggi dovranno essere sanificati prima delle operazioni di voto, durante, e al termine della giornata. Per accedere ai seggi, poi, sarà obbligatorio il dispositivo di protezione individuale per tutti: elettori, scrutatori, rappresentanti di lista. All'ingresso l'avente diritto dovrà igienizzarsi le mani con il gel. Ripetendo l'operazione prima di ricevere la scheda e la matita. Uscendo dal seggio è consigliata una terza igienizzazione delle mani. Presidente di seggio e scrutatori dovranno essere muniti di guanti nell'atto di maneggiare le schede. Durante l'inserimento nell'urna e durante lo scrutinio.
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Fin qui niente di straordinario. È il paragrafo "Operazioni di voto" che desta curiosità. L'elettore, c'è scritto, «deve evitare di recarsi al seggio in caso di sintomatologia respiratoria», una qualsiasi, o «di temperatura corporea superiore ai 37,5 gradi». Non deve essere stato in quarantena «negli ultimi 14 giorni», né essere entrato in contatto con persone positive, sempre «negli ultimi 14 giorni». La formula è paracula, perché non viene formulato un divieto ma, è specificato, «il rispetto delle regole di prevenzione» è «rimesso alla responsabilità di ciascun elettore». Conseguenze? La prima, per esempio, è che gli attuali 19mila positivi al Covid-19 non potrebbero esercitare il proprio diritto al voto per le Regionali e per il referendum sul taglio dei parlamentari. Ma con loro, ed è questa la cosa più singolare, sono esclusi anche tutti coloro che hanno sintomi, ma non il virus. «È necessario contemperare due diritti costituzionali, quello al voto e quello alla salute», precisa il protocollo, facendo poi prevalere il secondo sul primo. E però, la legge italiana si muove in tutt' altra direzione. Garantendo la tutela all'elettorato passivo anche per malati e infermi attraverso il voto domiciliare. Facoltà impossibile da utilizzare per i pazienti Covid. Anzitutto perché occorre chiedere all'Asl la certificazione 45 giorni prima delle consultazioni. Termine bello che andato. E, secondo, perché chi è sano oggi non può prevedere di ammalarsi in prossimità dell'apertura delle urne. È la democrazia, bellezza. Malata sì, ma asintomatica.