Giuseppe Conte contro Rutte: "Il mio paese ha una dignità". La verità che Palazzo Chigi non vuol fare filtrare: si è già arresto
"Il mio Paese ha una sua dignità". I retroscena dello scontro tra Giuseppe Conte e Mark Rutte a Bruxelles riportano tutti, con enfasi, questo passaggio. Il premier italiano ha accusato frontalmente il collega olandese, il capofila dei paesi "frugali" che vuole ridurre la somma degli aiuti a fondo perduto del Recovery fund e introdurre il potere di veto per poter bloccare l'erogazione di quei miliardi (ai Paesi "furbetti" del Sud, ovviamente): "Tu forse sarai eroe in Patria per qualche giorno ma dopo qualche settimana sarai chiamato a rispondere pubblicamente per avere compromesso una risposta adeguata". Quindi il riferimento alla "anti-italianità" del leader liberale: "Sembra quasi che si voglia piegare il braccio a un Paese affinché non possa usare quei soldi, facendo controllare al Consiglio ogni singola fase dell'attuazione. Questi ostacoli umiliano la commissione oltre che i Paesi". Conte ha fatto la faccia truce: "Il mio Paese ha una sua dignità, c'è un limite che non va superato Si stanno usando delle astuzie per mettere in difficoltà i Paesi e questo non è giusto".
Tutto molto bello, con titoloni garantiti. Ma a spulciare gli stessi retroscena, emerge un'altra verità: Conte è disposto a tutto pur di chiudere, e di fatto il suo capo è già abbassato. Non sul diritto di veto, certo, su cui d'altronde ha l'appoggio di tutto il resto dei Paesi membri dell'Unione. Ma sulla partita "grossa", quella dei soldi, di fatto è già bandiera bianca. La linea era stata definita: "Sui 750 miliardi non ci smuoviamo". E invece saranno meno, e sicuramente saranni di più i soldi in prestito e di meno quelli a fondo perduto. Questo, nei titoloni, Palazzo Chigi non lo fa filtrare.