Giuseppe Conte, il retroscena: "Se qualcuno aprirà la crisi pagherà un prezzo altissimo"
Per il premier Giuseppe Conte ogni giorno è una scommessa sulla tenuta del governo e poi le liti le correnti, l'aria di fessura che sa tanto di sepoltura, il Mes, la legge elettorale, il decreto Semplificazioni, il codice appalti. L'avvocato del popolo comincia ad essere idrofobo e come scrive Il Messaggero, tranquillizza i suoi "Non vedo maggioranze alternative. Chi provocasse la crisi, sia esso Zingaretti, Renzi, o Di Maio, lo farebbe contro la volontà degli italiani e finirebbe per pagare un prezzo altissimo. Non lo capirebbe nessuno".
Quello che descrivono i suoi collaboratori è un premier che "lotta come una tigre" e che "non cederà su nulla" tirato per la giacchetta com'è. Con il segretario del partito democratico Nicola Zingaretti è l'unico con il quale sembra aver trovato un clima di collaborazione, però nella maggioranza il clima è pesante.
Persino a Bruxelles Pd e M5s si sono spaccati. Mentre in Italia la conta dei voti sul Mes viene continuamente rinviata in Europa c'è già stato un primo assaggio con i due partiti di governo che si sono schierati in modo opposto: il Pd a favore, il Movimento Cinque Stelle contrario. Come la Lega.
L’occasione è stata la votazione di un atto delegato proposto dalla Commissione per inserire le spese sanitarie nei requisiti per il Meccanismo europeo di stabilità. Un passaggio necessario per consentire il “monitoraggio” di quelle spese nel caso di attivazione della nuova linea di credito istituita dal Mes per la pandemia, quella che potrebbe assicurare all’Italia 36-37 miliardi di prestiti a tassi estremamente agevolati. Il Parlamento europeo aveva il diritto di opporsi a questo atto, ma la commissione Econ ha votato a favore, dando così il via libera al passaggio necessario per la piena attivazione del nuovo Mes sanitario: 40 sì contro 16 no e un astenuto. Poi ci sono le battute acide, poi smentite, di Luigi Di Maio: "L'amato Giuseppe non è più l'ultima spiaggia di questa legislatura".
Infine la legge elettorale, anche se sembra l'unico fronte comune di lotta: contro il leader della Lega Matteo Salvini, la maggioranza riesce a scontrarsi comunque. Se si andasse a votare domani il Rosatellum, attuale sistema elettorale, permetterebbe e a chi governa di farlo con circa il 60% dei seggi. Per Zingaretti che continua a ripetere da giorni "non dobbiamo consegnare il Paese a Salvini" sarebbe la debacle totale, ma non solo sua anche del fronte degli europeisti e antipopulisti.
La Lega al nord potrebbe avere in mano la quasi totalità dei collegi uninominali ed essere quindi irresistibilmente attrattiva per i grillini incerti che al Senato già da giorni stanno transumando al gruppo del Carroccio. Ma Matteo Renzi si è opposto "la priorità della politica deve essere la crescita, non la legge elettorale. Se vogliono mettere mano alla legge elettorale, per noi di Italia Viva il messaggio è molto chiaro: si faccia una legge maggioritaria, in modo che la sera delle elezioni si sappia chi ha vinto". E i dem con Emanuele Fiano che si infuriano: «questo governo esiste anche perché c'è un accordo» come a bloccare ogni velleità dell'ex segretario a fa saltare il governo.