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Giuseppe Carbone della Fials: "Puntare i riflettori sull'assistenza territoriale"

Giuseppe Carbone
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“Dovremmo insistere su questa spinta di avere più risorse, e insieme alle risorse dovremo giocare la partita delle riforme, perché non basta avere più soldi, dobbiamo anche spenderli meglio e dobbiamo leggere l'evoluzione del Servizio sanitario nazionale. E io credo che la prima grande traccia di lavoro sia quella di un nuovo investimento sulla sanità del territorio”.

Ritengo che siano condivisibili gli auspici del Ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla necessità di investire su una forte rete territoriale, la stessa che ha permesso, in particolare nel Veneto, di evitare un’esplosione dei contagi da Coronavirus. Quella stessa rete territoriale che diversamente, molte regioni ed in particolare la Lombardia, ha da tempo trascurato e sacrificato per puntare tutto su grandi hub ospedalieri e privatizzazione dei servizi.

Il decreto “Rilancio” ha stanziato per il 2020 oltre 1,2miliardi di euro per l’assistenza territoriale ed il nostro auspicio è che questi fondi, magari integrandoli in parte con quelli del Mes o altre opportunità, vengano resi strutturali con un progetto di lungo periodo che abbracci non solo i servizi alla persona con l’assistenza domiciliare ma anche tutto il settore dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Occorre sviluppare le infrastrutture di vicinanza: case della salute, strutture intermedie, poliambulatori, cure post acuto e sub acuto, cure domiciliari, cioè i servizi che si usano più frequentemente nella quotidianità.

Questo a mio parere, consentirebbe di ridurre il peso della cura sulle spalle degli ospedali che, l’ha dimostrato il Coronavirus, non hanno le risorse per farsi carico dell’intera esigenza di cura da parte dei cittadini. Semplice a dirsi, ma forse complicato a farsi, soprattutto fino a quando la sanità, che è il primo capitolo di spesa del bilancio delle Regioni, resterà ad appannaggio di interessi politici ed economici locali e frammentata in 20 modelli differenti con qualità, sistemi di gestione, modelli organizzativi e nessuna solidarietà fra l’una e l’altra.

Non voglio affermare che necessita tornare al centralismo in sanità, ma bisogna rafforzare un coordinamento centrale e puntura su un federalismo solidale fra i territori, perché così per com’è strutturato in questo momento, il federalismo crea disuguaglianze, discriminazioni e lascia intatti i problemi delle regioni con una scarsa capacità manageriale. L’esigenza di una riforma complessiva dell’assistenza territoriale è evidente alla luce della pandemia che ha travolto il paese ma necessita una visione organica del settore.

Ora è tempo delle reti territoriali multiprofessionali è il momento della svolta, è possibile un potenziamento significativo delle attività di assistenza domiciliare integrata, una necessità da molto tempo avvertita sul territorio e sarà utile monitorare con attenzione l'efficacia, i risultati e i tempi di realizzazione delle misure previste anche in sede di monitoraggio dei LEA.

La FIALS propone da tempo questo tipo di rete multidisciplinare e a darle concretezza è ora anche il Decreto Rilancio, che prevede un’organizzazione territoriale dove è introdotto a pieno titolo l’infermiere di famiglia e comunità già previsto dal Patto per la Salute.

La storia di questi mesi di pandemia deve servirci da insegnamento per non ripetere gli errori del passato e investire perché tutto questo sia realizzato e perché sul territorio nasca davvero una rete multiprofessionale proattiva e multidisciplinare e d’iniziativa che tuteli la salute delle persone dall’educazione sanitaria alla prevenzione, dalla cura all’assistenza alle cronicità.  Ma abbiamo il fondato timore che i primi investimenti sulla rete territoriale con il decreto rilancio vengano spesi male e sperperati se affidati agli attuali manager delle Regioni.

Serve un piano nazionale e bisognerà attentamente vigilare sulle spese.  A mio parere, la qualità del servizio sanitario non dipende solo dalla competenza dei professionisti sanitari, dai medici o dagli infermieri, ma anche e soprattutto dalla capacità dei manager di amministrare le Aziende sanitarie e dalla lungimiranza di saper disegnare formule adatte alle richieste di salute dei cittadini. Ci sono regioni con manager di elevato livello mentre altre ne sono totalmente sguarnite e allo sbando.

Il Governo traduca le parole del “grazie” agli operatori sanitari/eroi con i FATTI, è questa la nostra pressante richiesta.
 

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