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Giuseppe Conte, perché i sondaggi mentono: "È in calo, come leader non funziona". Ecco i suoi veri numeri

Il premier Conte e la burocrazia

Alessandro Gonzato
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Giuseppe Conte che sfonda con la sua lista, Conte che fa la fine di Mario Monti, Conte nuovo condottiero dei 5 Cinque Stelle, Conte che viene "ghigliottinato" come Luigi XVI. Le previsioni e i sondaggi si sprecano. Quello pubblicato ieri dal Corriere dalla Sera, realizzato da Nando Pagnoncelli (Ipsos), dà l'indice di gradimento del premier a 61 dopo il picco di 66 registrato ad aprile. L'opinione più diffusa tra gli esperti è che un Paese, nei momenti d'emergenza, per paura e smarrimento si stringe sempre attorno a chi lo guida. E però, analizzando un'altra rilevazione, sembra che le cose stavolta siano andate diversamente.

 

 

«La nostra scala di misura» dice a Libero Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing, «dà il livello di fiducia di Conte attorno al 43-44%, in calo di 5-6 punti dall'inizio dell'anno. A fine marzo, all'apice dell'epidemia, era al 50. Il trend è in evidente calo, anche se va detto che tra i leader solo la Meloni supera il 30. In base ai nostri parametri, e ribadisco che possono variare a seconda di chi effettua i sondaggi, non ci sono mai stati politici sopra al 60, nemmeno Berlusconi durante il terremoto dell'Abruzzo». Lo scarto tra 66 e 44 è comunque significativo, e in ogni caso entrambe le rilevazioni registrano un indice di gradimento in discesa.

Veniamo all'ipotesi di una Lista Conte. Il Corriere la dà al 14%. Noto addirittura più alta, al 16, ma sottolinea: «L'intenzione di voto, quando si parla di un partito che ancora non esiste, è sempre sovrastimata. Gli elettori, proprio perché il partito non esiste, vi proiettano i propri desideri politici. Poi però quando la lista prende forma e inizia ad assumere posizioni su temi chiave, sull'economia, la sicurezza, l'immigrazione, ecco che può avere meno sostenitori di quelli potenziali». La nascita della Lista Conte, stando ai dati presentati da Noto a Porta a Porta, ridurrebbe i 5 Stelle al 9% e il Pd al 12. Ipsos, in merito al partito del premier, analizza anche i flussi elettorali: addirittura il 18% proverebbe dal centrodestra e da liste minori.

Per Ipr Marketing, invece Lega e Fratelli d'Italia rimarrebbero stabili e il premier eroderebbe solo un punto e mezzo a Forza Italia. Anche Roberto Weber (presidente dell'istituto Ixè), parlando col nostro giornale, tende a escludere una simile diaspora: «Pagnoncelli è uno serio, ma bisogna immaginare due emisferi, il primo che contiene 5 Stelle, Pd e gli altri partiti di governo, l'altro che raggruppa quelli d'opposizione. Tra i due blocchi non c'è flusso, ed è la ragione per cui Renzi non guadagna consensi: quelli che ha provengono dal Pd. La fotografia migliore è del 2006, con Berlusconi che prende 18 milioni 900 mila voti e Prodi 19 milioni. C'è stata una rottura improvvisa quando è nato il Movimento 5 Stelle che ha dissanguato sia il Popolo della Libertà che il Pd, ma poi tutto si è ricomposto».

Se Conte guidasse i grillini, riporta il Corriere, il partito schizzerebbe al 30%. «Per me no» sostiene Weber. «Buona parte del suo appeal verrebbe meno. Nel momento in cui assumesse una configurazione partitica non credo che conserverebbe l'attuale popolarità. Lui funziona fino a quando mantiene questa caratura istituzionale. Sia chiaro: non voglio assolutamente contestare il dato raccolto da Pagnoncelli, che sicuramente è puntuale. Solo che dopo non funziona mai così. E il partito di Conte, peraltro, che noi valutiamo attorno al 12, farebbe implodere la coalizione di governo».

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