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Pietro Senaldi: "Zingaretti tramava, ora trema. Pd a picco nei sondaggi e niente Piano B, deve tenersi Conte"

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I sogni del Pd muoiono all'alba della ripresa. Nel pieno della pandemia la Lega era scesa nei sondaggi sotto il 25% e i dem erano riusciti a rivedere quota 22, altitudine ormai da vertigine per loro. Zingaretti e compagni pregustavano il sorpasso, ed erano così convinti che avevano pure cominciato a dirlo in giro. È bastato il primo accenno di riapertura per far crollare ogni illusione. La rilevazione condotta per il tg di Mentana su La7 da parte di Swg, agenzia da sempre più sinistra che destra, dà la Lega in robusta risalita, oltre il 27%, e la banda democratica a un modesto 19%, molto più vicina al 14,5% della Meloni che al Carroccio. Non c'è molto di cui stupirsi. Gli italiani, rinchiusi in casa, erano filogovernativi per terrore e rincoglioniti dalla verbosità del presidente del Consiglio. Conte prometteva aiuti per centinaia di miliardi e i poveretti, prigionieri del divano, ci credevano. Siccome il premier non aveva ancora un partito e i grillini erano zavorrati da Azzolina, Bonafede e Di Maio, a giovarsi della situazione erano i dem. Poi però i soldi non sono arrivati e i cittadini, appena hanno potuto mettere il naso fuori casa, hanno iniziato a presentare il conto. L'economia è tornata a dettare l'agenda e le forze della maggioranza hanno iniziato a scontare il fatto di non aver preparato la ripartenza, non aver aiutato gli italiani e aver cercato di prolungare la clausura. Viceversa il centrodestra, non appena è potuto tornare a far politica, ha riguadagnato consensi. D'altronde, quando uno riapre gli occhi e torna nel mondo, che motivo ha di votare Pd? Il partito è schifato perfino dai suoi ex segretari, che ne hanno preso tutti le distanze. Veltroni è tornato a fare il giornalista, D'Alema scrive libri per elogiare la Cina di Mao, Bersani è tornato comunista e fa l'imbonitore televisivo, Renzi detesta la ditta, ricambiato.

 

 


Gioco della sedia - Calenda, quello bravo che nessuno si fila perché dice cose intelligenti ma sgradevoli, è resistito con la tessera dem solo qualche mese. Letta è fuggito in Francia. L'unico che resta è Franceschini, e sarebbe proprio quello che dovrebbe andarsene, visto che passa il tempo a parlare male dei compagni al Quirinale. La segreteria Pd è un gioco della sedia al contrario. Nessuno che conti davvero la vuole. Perde quello a cui tocca accomodarsi. Lo sfigato di turno è Zingaretti, fratello del più noto commissario Montalbano. All'inizio ha provato a contare, poi i colleghi gli hanno fatto capire che è una comparsa anche nel partito e non solo in famiglia. Il segretario per un po' ha tramato. L'estate scorsa accarezzava il sogno di andare al voto grazie a Salvini e guidare il partito a una sconfitta poco onorevole ma che gli avrebbe consentito di avere una rappresentanza parlamentare di fiducia; quella che gli manca oggi, visto che Renzi gli ha svuotato la squadra e a menare le danze interne sono Orlando e Franceschini.

Senza Piano B - Siccome, anche se non è un duro, è di coccio, Zingaretti ha continuato a tramare tutto l'inverno, fino ad ammalarsi di Covid-19 allo spritz milanese. Sarà che gli elettori dem hanno uno spirito da crocerossina, la pandemia gli ha portato consensi. Tuttavia, una volta guarito lui, sono guariti anche gli altri, e hanno smesso di apprezzarlo. Ecco che allora il segretario è passato dal tramare al tremare. Vorrebbe liberarsi di Conte, ma non vuol più votare perché, mentre il premier ha un piano B - farsi il suo partito -, in caso di elezioni il segretario non saprebbe che pesci pigliare. I vecchi dem si frammenterebbero in 4-5 partiti (Pd, Leu, Italia Viva, Azione, Con-te) e lui rischierebbe di portare a casa il peggior risultato della storia della sinistra. Roba da ritirarsi in convento. Sogna un governo tecnico, ma siccome a settembre si vota per le regionali e il referendum, sa che è impossibile, perché se Conte cade si va dritti alle urne. Più per necessità che per convinzione, Zingaretti si è convertito. È diventato un governista. Lunedì ha detto che questa maggioranza ha in mano il futuro di svariate generazioni. Pessima notizia. Tra due giorni partono i pomposi Stati Generali. Tema, le 102 proposte del commissario straordinario Colao per cambiare l'Italia. Il guaio è che Zingaretti non sa che vestito mettersi per l'occasione. La maggioranza ha scomodato un plotone di cervelloni da cui farsi suggerire ma ora che questi hanno lavorato nessuno vuole dirgli che sono bravi, anche se hanno rispettato le quote rosa. Ovvio, Colao consiglia cambiamenti e guarda alle imprese. Dem e M5S non vogliono cambiare nulla e pensano a sussidiare gli ex lavoratori non a come farli uscire dalla cassa integrazione perenne.

Altra musica - Zingaretti e il Pd non hanno idee e temono chiunque ce le abbia. Sono andati al governo scansando rigorosamente tutti i ministeri chiave, tranne quello all'Economia, che però è più che altro un dicastero all'attuazione delle comande della Ue. Il partito non ha una sola ricetta per far ripartire il Paese. Anzi, una ce l'ha, il bonus biciclette, idea del ministro delle Infrastrutture, che anziché di ponti e ferrovie si occupa di velocipedi. Un po' poco, francamente per guarire l'Italia. È come puntare tutto sulle olive quando si organizza il pranzo di Natale. Il Pd resta schiacciato tra Ue, grillini e Cgil e non batte chiodo. Giustizia, immigrazione, istruzione, burocrazia, imprese: è solo una ripetizione di slogan stantii. Solo che adesso gli italiani sono usciti da sotto le coperte, hanno problemi seri e anelano musica diversa. 

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