Luigi Di Maio, retroscena clamoroso. "Frenare gli Stati generali". Il sondaggio segreto sul partito di Conte: perché il M5s deve affossarlo
Che ci sia anche Luigi Di Maio tra i "pezzi dello Stato che remano contro il mio governo?", stando a uno sfogo attribuito a Giuseppe Conte dal Corriere della Sera? Sospetto legittimo, anche se Di Maio del governo fa parte. Ma il ministro degli Esteri ha da mesi interpretato il suo ruolo alla Farnesina in chiave decisamente personale, un modo per tornare al centro della politica, tessere rapporti, guadagnare spazio e vetrine. L'ultima, clamorosa, sugli Stati generali. Il grande progetto su cui il premier conta tantissimo. E Gigino ha contribuito a fare ombra all'avvocato ospitando lunedì alla Farnesina "ministri e viceministri, capi delegazione, imprenditori e rappresentanti di categoria, per lanciare il suo piano per l'export da 1,4 miliardi, attraverso il quale promuovere il made in Italy nel mondo".
A sottolineare la competizione interna con Palazzo Chigi è un retroscena della Stampa, che parla anche delle chat interne ai 5 Stelle in cui l'evento è stato ribattezzato, non a caso, "gli stati generali dell'export". Non male come sgambetto, considerato che Conte ancora non è riuscito a fissare nei dettagli gli stati generali "veri", quelli dell'economia. Il tutto è da leggere in una sola chiave, sottolinea sempre la Stampa: a Di Maio la leadership dei 5 Stelle non interessa più e intende lasciarla alle "retrovie" del Movimento. Il suo vero obiettivo è tornare a Palazzo Chigi, questa volta non più da vice ma da titolare, e sta sfruttando le opportunità diplomatiche concesse dalla Farnesina proprio per questo. Non si fida delle ambizioni personali di Conte e del suo "partito da 14%", e dunque "gli Stati generali di Conte vanno frenati", come reciterebbe l'ordine di scuderia partito dal capo ufficiale dei 5 Stelle, Vito Crimi. Anche perché i sondaggi sul tavolo del Movimento riferiscono che quel 14% attribuito al partito di Conte si tradurrebbe in un clamoroso 9,7% tolto ai 5 Stelle. La battaglia, dunque, è sul posto al sole: più ne ha Conte e meno ne avranno Di Maio e Movimento. E viceversa.