Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri regalano le aziende agli strozzini: le drammatiche cifre di Confcommercio
E noi fessi che non ci avevamo pensato. La banca ci mette troppo a sganciare i soldi? Basta cambiare istituto. Un po' come si fa col salumiere. Se la fila è lunga, alzo i tacchi e vado da un'altra parte. Uno scherzo? Tutt' altro. È la soluzione proposta qualche giorno fa da Roberto Gualtieri, che non sapendo più come giustificare i mostruosi ritardi nell'erogazione del credito alle aziende se l'è presa con le banche, invitando gli imprenditori a scegliere quelle più rapide. Come se fosse possibile saperlo in anticipo o fosse facile chiudere una pratica già avviata per spostarla altrove. Resta poi da capire perché mai la maggioranza abbia deciso di modificare il decreto liquidità in Parlamento (introducendo l'autocertificazione, aumentando a 30mila euro i finanziamenti garantiti al 100% e allungando da 6 a 10 anni il rimborso), visto che funzionava così bene.
In ogni caso, nell'attesa che i suggerimenti del ministro dell'Economia vengano messi in pratica e che le nuove norme velocizzino i prestiti, le aziende restano ancora a bocca asciutta. Secondo l'indagine effettuata dalla Commissione banche sui principali istituti italiani, ad oltre due mesi dal provvedimento del governo i quattrini effettivamente erogati rappresentano il 25% delle richieste per i finanziamenti sopra i 25mila euro e il 50% per quelli sotto, per un ammontare complessivo che non arriva neanche a 20 miliardi, rispetto ai 400 miliardi promessi dal premier Giuseppe Conte e da Gualtieri a reti unificate.
FANTASTILIARDI EUROPEI
I soldi prima o poi arriveranno, assicurano dal governo, adesso troppo impegnato ad organizzare gli Stati generali dell'economia. E ce ne saranno anche altri grazie ai fantastiliardi europei. Bene. Le aziende, però, con il crollo dei consumi e l'impennata dei costi ne hanno bisogno ora. E in attesa di quel "poi", molte si sono per forza di cosa organizzate diversamente. Finanziarie anonime, intermediari fasulli, amici di amici. I canali sono tanti ma la sostanza è sempre la stessa: al posto delle banche si sono fatti avanti criminali, organizzati o meno, strozzini ed usurai. Il fenomeno, purtroppo, non è marginale. Stando ad un'indagine realizzata da Confcommercio in collaborazione con Format research circa il 10% degli imprenditori, in questo periodo, risulta esposto all'usura o a tentativi di appropriazione "anomala" dell'azienda.
E la percentuale sale al 20% per gli esercenti che sono molto preoccupati per il verificarsi di queste situazioni nel proprio quartiere o nella zona della propria attività. La minaccia, insomma, è più che concreta, come dimostrano anche i dati relativi allle richieste di aiuto, che ovviamente rappresentano solo una parte delle estorsioni realmente messe in atto e mai denunciate. La Consulta nazionale antiusura ha registrato un aumento delle domande di sostegno del 100% e raddoppiate sono anche le risorse concesse tra marzo e aprile dal Fondo nazionale antiracket. Mentre nel primo trimestre dell'anno i reati di usura sono balzati del 10%, con un ulteriore incremento ad aprile e maggio e picchi del 15% in zone come Campania e Puglia. Qualcuno, nelle scorse settimane, ha puntato il dito su commercialisti e tributaristi spietati che stanno facendo affari sulla pelle degli imprenditori disperati, segnalando chi è più in difficoltà. Il problema è chiaramente un altro. Come ha spiegato il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, «per riprendersi l'economia ha bisogno che l'accesso al credito, la cassa integrazione, tutto ciò che serve, arrivino al più presto, perché dove non arriva lo Stato arrivano le mafie». Non intervenire subito, ha aggiunto il magistrato, significa consegnare le imprese alla criminalità organizzata. È più urgente questo o il Ponte sullo Stretto? Solo gli Stati generali potranno sciogliere il nodo.