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Nino Di Matteo, Augusto Minzolini: "Ecco perché ha sputt*** Alfonso Bonafede"

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Un tempo, anzi forse soltanto fino a domenica, era vicinissimo al M5s. Si parla di Nino Di Matteo, il pm preferito (o ex preferito) da Marco Travaglio e grillini, insomma un "re" del giustizialismo. Poi, però, quella telefonata a Massimo Giletti e Non è l'arena, le accuse neppure troppo velate ad Alfonso Bonafede, che lo avrebbe prima scelto per il Dap salvo cambiare idea dopo un piao di giorni per alcune inquietanti pressioni. Insomma, una telefonata che sancisce, anche a livello pubblico, una clamorosa rottura. E che soprattutto mette a rischio il futuro di Bonafede alla Giustizia e, anche, quello dell'intero governo (che accadrà sulla sempre più probabile mozione di sfiducia?).

 

E sulle ragioni di quella telefonata, ragiona e indaga Augusto Minzolini in un retroscena pubblicato su Il Giornale, che ricostruisce le "fila del giustizialismo nostrano", i comportamenti delle persone in ballo, a partire da Di Matteo, uno che "non guarda in faccia nessuno", eroe grillino, grande accusatore nel processo sulla trattativa Stato-mafia, "quella dei primi anni '90, che si imperniò proprio sul fatto che nell'estate del '93 il responsabile del Dap dell'epoca decise di togliere centinaia di mafiosi dal regime di carcere duro". Insomma, uno che vive per la giustizia e che lo ha fatto a modo suo, con accuse roboanti e clamorosi eccessi giustizialisti.

 

Minzolini, dunque, arriva a delle conclusioni. "Se si sceglie questa chiave di lettura si capisce perché Di Matteo abbia sputtanato - l'espressione è azzeccata - un ministro amico come Bonafede: per lui il processo sulla trattativa, il Dap e tutto il resto, sono ferite ancora aperte", sottolinea Minzolini. E ancora: "Si arguisce perché il primo a scendere in difesa del Guardasigilli sia stato il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, e non un grillino. Si intuisce perché l' intemerata contro Di Matteo l' abbia recitata l' ultimo capo delle toghe rosse, il magistrato Armando Spataro, mentre l' icona grillina tra i giudici, Piercamillo Davigo, sia rimasto in silenzio", conclude.

 

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