Massimiliano Fedriga a Libero: "Soldi a Roma? Non se ne parla, restano qui"
«Lo Stato, in questo periodo, non può chiederci di nuovo un contributo straordinario. Ai nostri cittadini cosa diciamo: "Non vi garantiamo più la sanità, il trasporto pubblico locale e il funzionamento dei Comuni perché abbiamo versato un miliardo 200 milioni a Roma"? Siamo una Regione a Statuto speciale, certo, e comporta alcuni vantaggi, ma abbiamo sempre fatto a pieno la nostra parte. Anzi: riceviamo meno servizi rispetto a quanto versiamo in tasse. Ora però non siamo nelle condizioni di continuare a farlo».
Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, 39 anni, è uno dei cavalli di razza della Lega. Nato a Verona, dove ha abitato a poche centinaia di metri dall' ex ministro Lorenzo Fontana, da ragazzo si è trasferito a Trieste. Qui ha scalato rapidamente le gerarchie del partito. A 28 anni è stato eletto deputato. È rimasto in parlamento fino al 2018. Poi è diventato presidente di Regione.
Governatore: a quale contributo straordinario si riferisce?
«Con la crisi del 2011, da Tremonti in poi - e i governi Monti, Renzi e Gentiloni hanno aggravato drammaticamente la situazione - alle Regioni a Statuo speciale è stato chiesto un versamento annuale extra per colmare parte del debito pubblico nazionale. Roma lo ha fatto anche con quelle a Statuto ordinario, addirittura senza che fossero stati siglati patti. La Consulta ha sentenziato che il meccanismo è lecito, ma deve avere carattere temporaneo. E adesso, per il biennio 2020-2021, non ci possono chiedere un versamento straordinario: oggi questo miliardo e 200 milioni non ci serve per fornire aiuti extra alle imprese o per dare qualcosa in più alle famiglie, ma per garantire i servizi essenziali. Dicevo della sanità: noi ce la paghiamo da soli, come il trasporto e le attività dei municipi. Il funzionamento degli ospedali mi sembra importante, no?».
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Ne avete già discusso col governo?
«Sì, col ministro agli Affari regionali Boccia e il sottosegretario all' Economia Castelli».
E cosa le hanno risposto?
«Abbiamo fatto la nostra proposta. Hanno detto che verrà valutata, che sono disponibili a fare un ragionamento».
È davvero convinto che lo Stato rinuncerà al contributo? L' effetto domino sarebbe devastante. Cosa accadrà in Friuli Venezia Giulia se il governo dovesse tirare dritto?
«Guardi: è un' ipotesi che non prendo nemmeno in considerazione, significherebbe togliere i diritti costituzionali ai nostri cittadini.
Ma lei lo sa che finora, ogni anno, in base a questo patto di finanza pubblica abbiamo versato a Roma il 12% del bilancio regionale? Oltretutto a differenza dello Stato che per la spesa corrente può indebitarsi, a noi pur essendo una Regione virtuosa non è consentito, quindi se ci domandano questi soldi io non posso dire al governo "Ok, te li do, faccio debito e pago i servizi ai cittadini". Ripeto: devo chiudere gli ospedali? E voglio chiarare: la mia non è una protesta provocatoria, ma un atto di buonsenso».
È stato Boccia, lo scorso autunno, a impugnare la vostra legge che superava la norma introdotta dalla Serracchiani, ex presidente di Regione del Pd, in base alla quale gli immigrati avevano precedenza nell' assegnazione degli alloggi popolari...
«Già: il governo ha impugnato la soppressione di una legge regionale. Assurdo: ci hanno detto che non possiamo abrogare una nostra legge. Ora è tutto fermo in Corte Costituzionale».
Quanto trattenete di tasse nel territorio?
«Poco meno di sei decimi, ma lo facciamo in virtù dei servizi di cui ci accolliamo interamente le spese. Comunque ci sono Regioni dove la cifra è ben maggiore».
Il Friuli Venezia Giulia è riuscito a limitare i decessi e i contagi da Coronavirus. C' è una ragione particolare?
«Il 21 febbraio, senza che da noi ci fosse ancora un caso, ho chiesto al governo che venissero comunque applicate misure di contenimento. Siamo stati l' unica Regione a emanare un' ordinanza restrittiva in mancanza di casi conclamati e questo ci ha permesso di organizzare la macchina sanitaria passando da 28 a 100 terapie intensive. Siamo riusciti ad allestire 400 posti letto extra per l' emergenza Covid. Il 28 febbraio avevamo 3 contagiati e ho rinnovato la chiusura di scuole e università. Ho pensato a cosa sarebbe stato meglio per la salute dei miei figli».
E si è beccato del razzista
«Dagli stessi che se avessero fatto qualche aperitivo solidale in meno avrebbero reso un servizio migliore al Paese. Il governo si era anche opposto alla chiusura delle scuole decisa dalle Marche: non sarà dipeso solo da quello, ma oggi, con appena 300 mila abitanti in più di noi, hanno 3 volte i nostri contagiati. Io, a livello nazionale, avrei chiuso tutto e subito, così da poter ripartire prima e meglio».
Sono mancate completamente le linee guida
«La grande assente è stata la comunità scientifica internazionale, ma qualcuno prima o dopo dovrà risponderne. Quando è scoppiata l' epidemia in Cina l' Organizzazione mondiale della sanità non ha dato indicazioni su cosa andava comprato. Non ci ha detto nulla sulle mascherine, sui respiratori, sull' urgenza di aumentare i posti nelle terapie intensive, anche se noi l' abbiamo fatto lo stesso. Ci avevano addirittura raccomandato di non mettere le mascherine, che per gli asintomatici non servivano a niente, che i tamponi andavano fatti solo ai sintomatici che erano stati a contatto coi positivi.
Io non posso che ringraziare i medici e gli esperti del mio territorio».
Avete appena stanziato 7 milioni a fondo perduto per aiutare i piccoli imprenditori a pagare l' affitto. Ritiene che le aziende debbano riaprire prima del 4 maggio?
«Sì, e non su base regionale, al limite con delle restrizioni per qualche area particolarmente critica. Le faccio solo un esempio: ogni giorno c' è un sacco di gente che per lavoro va e viene dal Veneto, come si fa a blindare una regione?
Se non riparte l' industria, parlo soprattutto dell' import-export, l' Italia muore. Penso a una delle nostre filiere principali, quella del mobile: qui lavoriamo moltissimo con la Russia, con gli Emirati Arabi, con gli Stati Uniti, l' Australia, l' Inghilterra. Dobbiamo evitare che la riapertura sia incerta, altrimenti le nostre fette di mercato se le prendono la Francia e la Spagna. I clienti non ci aspetteranno per sempre, anzi. Serve un coordinamento nazionale, naturalmente, ma va condiviso con le Regioni».
La "fase 2" insomma, che pare ancora in alto mare
«Il virus non sparirà, dovremo conviverci. La salute è fondamentale, ma lo è anche il lavoro: vogliamo che le persone muoiano di fame?».