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Re Giorgio attacca le togheperché lo hanno intercettato

Napolitano ha firmato il decreto per l'incarico all'Avvocatura dello Stato, che ricorrerà contro i pm di Palermo
di Andrea Tempestini domenica 22 luglio 2012

2' di lettura

Dopo le polemiche che hanno movimentato le ultime settimane ecco l'attacco frontale di Giorgio Napolitano contro i giudici di Palermo. Il Capo dello Stato ha infatto posto la sua firma al decreto con cui affida all'Avvocatura dello Stato l'incarico di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il Quirinale, in buona sostanza, si scaglia contro le toghe di Palermo, nello specifico contro il pm Antonio Ingroia, in relazione alla vicenda delle telefonate intercettate tra il consigliere del presidente per gli Affari giuridici, Loris D'Ambrosio, e l'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino. La questione è sempre quella relativa alla presunta trattativa tra Stato e mafia negli anni 90. Le telefonate incriminate - Nel corso dell'attività di intercettazione, secondo quanto si è appreso, ci sarebbero state un paio di telefonate tra Mancino e il presidente della Repuibblica, comunicazioni che teoricamente avrebbero dovuto essere distrutte, un provvedimento che però il procuratore del capoluogo siciliano Francesco Messineo non ha ancora disposto. A questo punto a giudicare sul conflitto sarà la Corte costituzionale. Sorprende però la veemenza della risposta di Giorgio Napolitano, sempre schierato in prima linea nella difesa delle intercettazioni come mezzo di indagine, in particolare nei giorni di quella che veniva chiamata "legge bavaglio", proposta dall'esecutivo Berlusconi, e che mirava a riorganizzare lo smodato ricorso alle intercettazioni telefoniche. Il comunicato del Quirinale - La presa di posizione del Capo dello Stato viene spiegata in un comunicato stampa diffuso proprio dal Quirinale: "Alla determinazione di sollevare il conflitto, il presidente Napolitano è pervenuto ritenendo dovere del presidente della Repubblica, secondo l'insegnamento di Luigi Einaudi, evitare si pongano nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce".

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