«Non ho paura. Non preoccupatevi per me, io sono pronto a tutto, anche ad andare in galera. Porterò avanti la mia battaglia contro le toghe politicizzate anche ammanettato alle sbarre». Ancora convalescente per la mazzata della Corte Costituzionale, che mercoledì ha bocciato la richiesta di riconoscimento del legittimo impedimento dell’ex premier nel processo Mediaset, è Silvio Berlusconi in queste ore a rincuorare i suoi. Ma chi lo ha visto ieri a via del Plebiscito lo ha trovato «fragile, sconfortato e depresso come non mai» e «rassegnato al fatto di averla persa la “guerra dei vent’anni” contro la magistratura, dalla quale si aspetta una condanna definitiva in Cassazione». Insomma, confida un suo fedelissimo, «Silvio si sente sconfitto, situazione impensabile per lui, che adesso è come una scheggia impazzita, la sua mente non si spegne mai, non fa che elaborare scenari, uno peggiore dell’altro». Sonno agitato - Lo stillicidio giudiziario sta logorando il sistema nervoso di Berlusconi. La sua compagna, Francesca Pascale, ha raccontato a uno dei presenti al gabinetto di guerra convocato mercoledì sera a palazzo Grazioli, che l’ex premier non dorme più di un’ora a notte. Il Cav dispera sempre di più della possibilità di trovare una via d’uscita, nonostante confidi molto nell’abilità del suo nuovo difensore, Franco Coppi. Proprio perché non vede soluzioni all’orizzonte, stamattina, quando è ripartito per Arcore dove trascorrerà il week-end, Berlusconi non ha dismesso la grisaglia dello statista che lo porta a sostenere ancora convintamente Enrico Letta a Palazzo Chigi, persuaso che «con questo Parlamento non potrei mai avere un governo più amico di così». Anzi, l’esecutivo di larghe intese, per il leader del Pdl è l’ultimo avamposto alla débàcle che significherebbe per lui un governo a guida Pd sostenuto da Sel e dal M5S. Due debolezze, quella del premier e dell’ex premier, che si puntellano a vicenda e che hanno generato il fair play tra i due che è sotto gli occhi di tutti. Ai suoi ministri Berlusconi ha confidato di aver apprezzato «la carineria» di Letta e «il garbo» con cui il premier ha commentato la reazione di Berlusconi al verdetto della Consulta, anche ieri: «Immagino sia rimasto deluso ma le sue parole pubbliche sono state senz’altro corrette e collaborative», ha detto Letta lasciando la Camera dopo aver votato la fiducia. Al Cav conviene sostenere il governo anche perché, essendo uno dei soci di maggioranza, gode di un potere di negoziazione che perderebbe se cadesse. Ma Berlusconi inizia a perdere il controllo sui falchi del Pdl, che minacciano la guerra totale, prendendo di mira Palazzo Chigi: «Se fra dieci giorni ci sarà l’aumento dell’Iva il governo non c’è più», avverte Daniela Santanchè, che lancia un monito anche alla magistratura: «Berlusconi, a differenza di Craxi, ha dalla sua parte il popolo». Ed è questa l’unica consolazione del Cav, che si dice «pronto a combattere anche in carcere» perché si sente «forte di quei 12 milioni di elettori che stanno dalla mia parte e si ribellerebbero a tanta ingiustizia». Ecco qual è oggi il sogno di Berlusconi. Non una nuova Forza Italia: «In questo momento, al presidente, del partito non gliene può fregare di meno», assicura un ex ministro assiduo a palazzo Grazioli, «e quando lo avrà rifatto nuovo, consegnerà la leadership alla figlia prediletta, Marina Berlusconi». Oggi, l’emergenza giudiziaria ha acceso un desiderio più incendiario nel Cav: «Per frenare questa persecuzione giudiziaria ci vorrebbe una rivoluzione». Oppure, un’amnistia. L’idea inizia a farsi strada nella mente, non tanto di Berlusconi, quanto delle sue colombe, visto che le leggi ad personam non gli hanno garantito alcuna incolumità. Quindi, non un emendamento «salva-Berlusconi» da inserire nel decreto carceri, smentito categoricamente ieri dal ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri. È stata proprio lei (forse non a caso) ad evocare l’amnistia, in ben due occasioni. Giovedì, definendo il provvedimento di clemenza «la strada maestra». Ma lo aveva già detto il 25 maggio scorso, ammettendo che il governo sta «pensando all’amnistia», ad «azioni di diverso genere» e a «pene alternative al carcere». Via d’uscita - Nessun riferimento a Berlusconi, ovvio. L’intenzione del Guardasigilli è unicamente mirata a una soluzione svuota-carceri. Ma l’ex premier sta cominciando ad accarezzare l’ipotesi, che fatalmente gioverebbe anche a lui, liberandolo della mannaia giudiziaria e lasciandogli solo l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni: il male minore. L’amnistia, invece, nel gotha berlusconiano da più di qualcuno viene considerata «la soluzione migliore per tutti». di Barbara Romano