De Gregorio, i favori a Berlusconisono smentiti dal calendario

In procura l'ex senatore trasfuga dica: ho fermato le rogatorie cinesi per ingraziarmi Berlusconi. Ma le date non tornano: e lui con la giustizia di Hong Kong non c'entra
di Lucia Espositodomenica 29 settembre 2013
Sergio De Gregorio

Sergio De Gregorio

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Basta leggere le carte per constatare che la versione di Sergio De Gregorio, su un suo presunto intervento sulle autorità di Hong Kong per bloccare una rogatoria della Procura di Milano nell’inchiesta Mediatrade, non regge. È da un po’ che l’ex senatore dell’Idv, passato dalle fila del centrosinistra a quelle del Pdl, lancia accuse nei confronti di Silvio Berlusconi. E precisamente dalla vigilia della sua decadenza da parlamentare, con le conseguenti perdita dell’immunità e l’arresto per una vecchia storia di riciclaggio, estorsione, truffa ai danni dello Stato e associazione per delinquere.  L’ultima esternazione di Sergio De Gregorio, in senso temporale (dopo quelle su una presunta compravendita di senatori da parte del Cavaliere per far cadere il governo Prodi), risale al 10 settembre scorso. Sono le 11 e 30 quando l’accusatore di Berlusconi si presenta al 4° piano del palazzo di giustizia di Milano: stanza 55. Davanti ai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaio, fa mettere a verbale una versione già anticipata in un libro e anche alla magistratura di Napoli, che indaga sul caso della compravendita dei senatori. De Pasquale e Spadaro sono invece gli inquirenti del processo Mediatrade: già chiuso col proscioglimento in Cassazione dell’ex premier, ma ancora aperto nei confronti di altri imputati. Sergio De Gregorio dà fiato alle trombe. Ma alla prima riga del verbale cade già in errore. «Il 20 aprile 2007», fa scrivere, «mi sono recato in Hong Kong dove ho incontrato il capo della diplomazia italiana in Cina, Alessandro De Pedys. Mi chiamò in disparte in una stanza  del Consolato Generale (…) e mi disse che sarebbe stato il caso che io informassi Berlusconi della rogatoria che c’era stata a Hong Kong. Mi fece una dettagliata narrativa dei fatti e gli chiesi se poteva farmi fotocopia del documento (…). Lui la fece, coprendo l’intestazione e gli altri dati ufficiali (…)». Il pm obietta che in quella fotocopia consegnata a De Gregorio, «in data 20 aprile 2007», si citano articoli di stampa che parlano della rogatoria in oggetto e che sono datati marzo e giugno 2007. De Gregorio fa subito marcia indietro e si corregge: «Riguardando l’appunto mi accorgo che lo stesso deve essermi stato dato il 3 o forse il 7 settembre, nel corso di una mia ulteriore missione a Hong Kong». Fa niente. Il pm passa alla domanda successiva: «Quale fu il tenore del suo incontro con Berlusconi?».  De Gregorio: «Lo incontrai a Palazzo Grazioli, gli riferii quanto mi disse l’amico  De Padys e gli diedi una copia dell’appunto (…) Berlusconi chiamò l’avvocato Ghedini che era in una stanza lì vicino e gli chiese se fosse informato della vicenda di Hong Kong. Lui rispose  “no”. (…) a quel punto dissi a Berlusconi che mi sarei attivato (…) ho chiesto un incontro con l’ambasciatore cinese dell’epoca Dong Jinvi (…) e nel corso dell’incontro gli esposi i fatti e cioè che Berlusconi si rammaricava delle «procedure disinvolte che erano state seguite nel corso dell’attività rogatoriale a Hong Kong» (…) l’ambasciatore mi disse che si sarebbe attivato sul suo governo per rivedere il via libera alla rogatoria. Ho fatto tutto questo per ingraziarmi Berlusconi. (…) so che Berlusconi e Dong Jinvi si incontrarono a Palazzo Grazioli, io non ho voluto esserci per non essere troppo presenzialista (…) so che c’era anche il consigliere politico di Berlusconi, Valentino Valentini (…) e che l’ambasciatore cinese aveva confermato che avrebbe fatto quanto in suo potere per bloccare la rogatoria a Hong Kong ». E qui casca non solo l’asino ma un branco intero; perché già dall’1 febbraio 2007 il Corriere della Sera  e le agenzie di stampa scrivevano di:  «Un’altra guerra diplomatica, dopo quella già ingaggiata dal pm di Milano Fabio De Pasquale con gli Stati Uniti che avevano rigettato il sequestro di alcune società di Frank Agrama e la rogatoria inoltrata dal pm De Pasquale; rogatoria identica a quella presentata  a Hong Kong». La storia infatti, carte e sentenze alla mano, è un po’ diversa da come la racconta Sergio De Gregorio. È il 16 gennaio 2007 quando i giudici di Hong Kong, accogliendo la rogatoria di Fabio De Pasquale, datata 10 luglio 2006, autorizzano il sequestro di alcune società facenti capo a Frank Agrama, imputato insieme con Berlusconi nei  processi  Mediaset/Mediatrade. La rogatoria, tutt’altro che bloccata, è dunque già avviata e ha sortito i primi effetti col sequestro stesso delle società (scattato il 18 gennaio). La difesa di Agrama contesta le modalità del sequestro e impugna. Lo fa forte della vittoria già ottenuta negli Stati Uniti per lo stesso motivo: ossia il pm Fabio De Pasquale, quando il 15 novembre 2006 perquisisce le società di Agrama a Los Angeles, lo fa secondo modalità ritenute «illegittime» dalla difesa dell’americano. Che impugna. E vince. Ottiene lo sblocco dei beni e una sentenza a favore. È qui che la rogatoria si blocca, con buona pace di De Gregorio.  Alla luce di questa sentenza americana (pronunciata dal giudice Pregerson il 26 gennaio 2007), la difesa di Agrama impugna immediatamente anche il sequestro di Hong Kong.  La Cina chiede una dichiarazione giurata al pm Fabio De Pasquale sulle modalità di esecuzione del sequestro. Il magistrato rifiuta. Scoppia la battaglia diplomatica fra le autorità giudiziarie di Hong Kong e la magistratura italiana.  Questo, di fatto, e non Sergio De Gregorio, provoca l’arenamento della rogatoria a Hong Kong. I quotidiani scrivono e titolano a nove colonne. Forse l’ex senatore del Pdl  non legge. Ma Niccolò Ghedini e Silvio Berlusconi, che sono i diretti interessati, sanno bene che è in atto una guerra fra magistrati italiani e autorità giudiziarie cinesi. Non hanno bisogno di De Gregorio e del suo amico  console per apprendere che a Hong Kong c’è una rogatoria.   E non hanno bisogno di bloccarla, perché lo è già. E di questo ne è a conoscenza anche il pm Fabio De Pasquale. È il 30 luglio 2010: il giudice Saunders dell’Alta Corte di Hong Kong, rigetta l’impugnazione della difesa di Frank Agrama, ma ordina che la rogatoria e tutta la documentazione restino a Hong Kong «sotto sigillo». Nulla deve essere trasferito alle autorità italiane. Fino alla chiusura della querelle. Che si risolve solo poche settimane fa. Con la conferma della legittimità del  sequestro delle società di Frank Agrama.  E pensare che Sergio De Gregorio aveva riferito in Senato, prendendo le difese dell’ex premier, «del fatto che le autorità cinesi si erano determinate ad emettere una contro-rogatoria per sentire in qualità  di testimoni i pubblici ministeri italiani». Ma va? È giugno 2008. La rogatoria di Hong Kong è già arenata da un anno e mezzo. Perfino prima dell’incontro fra Sergio De Gregorio e  il console amico. di Cristiana Lodi