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Pd, Barca presenta il suo programma: statalismo e pioggia di soldi pubblici

Il tecnico che cerca di scalare Largo del Nazareno presenta il suo pamphlet: 55 pagine di proposte retoriche per tornare indietro di vent'anni
di Sebastiano Solano domenica 14 aprile 2013
Sviluppo economico: Fabrizio Barca

Sviluppo economico: Fabrizio Barca

2' di lettura

di Sebastiano Solano Sinistra-sinistra-sinistra. Sono le tre parole chiave del programma politico presentato venerdì mattina da Fabrizio Barca, che ormai da qualche giorno, mentre Pierluigi Bersani, Matteo Renzi e Massimo D'Alema sono impegnati in tutte altre cose  (la corsa a Palazzo Chigi e al Quirinale) sta provando la sua improbabile scalata al Partito democratico. Figlio di Luciano Barca, che è stato deputato e senatore del Pci nonché direttore di Rinascita e Unità, il ministro del governo Monti, molto apprezzato da Giorgio Napolitano, è ormai in campo nella corsa per la segreteria del Pd. Nell'arco di 24 ore ha fatto una doppia mossa.  Finanziamento pubblico - Ieri, giovedì 11 aprile, la doppia mossa: tessera del Pd e programma politico (del suo, ipotetico, Partito democratico). Un passo formale e l'altro concreto. E di sinistra. Molto di sinistra. "Una malattia di famiglia", l'ha spesso definita Barca. E lui, apprezzato da Bersani e bersaniani, ora vorrebbe contagiare tutta Italia con questa "malattia". Il suo programma è un triplo salto all'indietro che riporta la sinistra italiana a trent'anni fa, quando ancora non era caduto il Muro di Berlino. E' tutto scritto, nero su bianco, nel programma, un faldone di 55 pagine. Punto numero uno: mantenimento del finanziamento pubblico, seppur ridotto, che invece Beppe Grillo, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi vogliono abolire. Un anacronismo: gli italiani, decadi fa, dissero con un referendum che il finanziamento non lo vogliono più vedere. Eppure c'è ancora (e i dieci "saggi" di Napolitano confermano la teoria di Barca: "E' ineliminabile"). L'attacco ai vertici Pd - Nel documento c'è poi spazio per una bastonata ai vertici del Pd, che lui chiama i "controllari delle tessere". Per evitare il loro strapotere "serve un partito di sinistra fortemente radicato sul territorio che sia capace di promuovere la ricerca di soluzioni per l'uso efficace e giusto del denaro pubblico". Quindi l'atto d'accusa contro la dirigenza: "La copiosità del finanziamento pubblico dei partiti (...) li ha legati in realtà allo Stato. Cio consolida il controllo dei gruppi parlamentari attraverso filiere di comando che da singoli capi-cordata nei gruppi scendono lungo il partito stesso e sono alimentate dalle risorse disponibili". Statalismo a profusione - Nel capitolo dedicato al rapporto tra partito e Stato, Barca ha le idee ben chiare: "Serve un partito con un forte radicamento sociale, che promuova e dia esiti operativi e ragionevoli a questo conflitto e che sia capace di indicare le priorità e le grandi scelte in termini di di uso del denaro pubblico". Statalismo a go-go, insomma. Infine fiumi di retorica sulla centralità della Rete e sull'utilità delle Primarie come strumento di selezione della classe dirigente. 

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