Oggi per gridare «in galera» non serve neanche più un paravento di carte giudiziarie, o un passato come un Di Pietro o un Ingroia: basta gridarlo e basta. È sparito Di Pietro ma abbiamo il Parlamento più dipietrista di sempre, quello più manettaro ma anche più sfascista, avvelenatore di pozzi, teso a inasprire ogni conflitto istituzionale e a delegittimare progressivamente ogni cosa. Pierluigi Battista, sul Corriere, ha scritto che Grillo ha evocato Hitler e ha varcato una soglia: ma l'aveva già varcata Di Pietro, quando disse che «per Berlusconi i magistrati rappresentano ciò che gli ebrei rappresentavano per Hitler, una razza infame da eliminare». Ora, dopo vent'anni di semina manettara, Grillo raccoglie. Da una parte il comico è meno pericoloso perché è privo dell'esistenziale e smisurata ambizione dell'ex magistrato, dall'altra è più pericoloso perché ha un consenso superiore e ormai contagioso (come il colera) e tuttavia resta privo di quella minima infarinatura di senso istituzionale che aveva l'altro, ex poliziotto, ex funzionario, ex magistrato, bene o male un uomo dello Stato. Invece Beppe Grillo è il vero uomo qualunque. Ha trasmutato i girotondismi gruppettari e accolto pezzi di Pd, pezzi di Bertinotti, sinistrume vario, movimentismi, ambientalismi, forcaiolismi e - ora - moderatismi, quelli che nel 1994 mollarono la Dc per andare da Berlusconi e che ora mollano Berlusconi per andare da lui. Ma sono sempre i peggiori che se ne vanno. di Filippo Facci