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Massimo D'Alema a Friedman: "Incontrai Monti, volevo diventasse premier"

di Ignazio Stagno domenica 9 marzo 2014

2' di lettura

Dopo le rivelazioni di Alan Friedman sul presunto "golpe" del 2011 ordito alle spalle del Cav con l'aiuto di Napolitano per spedire Mario Monti a palazzo Chigi, ecco che arriva un altro tassello per ricostruire i fatti di quei mesi caldi tra l'agosto e il novembre del 2011. Ad aggiungere un particolare di non poco conto alla vicenda è Massimo D'Alema, che intervistato dallo stesso Alan Friedman racconta le sue "trattative" tra la fine del 2010 e il 2011 per preparare il centrosinistra ad un cambio di guardia a palazzo Chigi. "Baffino", senza usare giri di parole, racconta a Friedman di un incontro con Mario Monti a fine 2010, poco dopo la scissione finiana nel Pdl, un incontro che avrebbe avuto i toni di una sorta di sondaggio da parte di D'Alema per offrire a Monti la poltrona di premier o una candidatura come leader del centrosinistra in caso di voto anticipato. Insomma, le "trattative" per spedire il Professore tassarolo al governo al posto di Berlusconi sarebbero iniziate ben prima rispetto a quel maggio-giugno 2011 indicato da Monti stesso nell'intervista a Friedman. Monti e D'Alema - "Non so se Napolitano abbia direttamente parlato con Monti - dice D'Alema al giornalista italo-americano -. Anche io lo incontrai (Monti, ndr) a casa di Guido Rossi, un anno prima che nascesse il suo governo. Era un'ipotesi (il governo Monti, ndr)". D'Alema dunque parla apertamente di trattative frenetiche nel 2010 (quando ancora il governo Berlusconi era in carica e quando la crisi economica non era ancora sui radar) per cambiare l'inquilino di palazzo Chigi. Parlando con Friedman, "Baffino" chiarisce le sue mosse durante quei mesi di crisi che poi portarono alle dimissioni di Silvio e all'investitura del Loden: "Parliamoci chiaro. La maggioranza di centrodestra era virtualmente entrata in crisi con la rottura di Fini, poi Berlusconi riuscì a recuperare i numeri, ma eravamo chiaramente sull'orlo di una crisi di governo". E ancora: "Lui era un candidato che rispondeva esattamente a quella necessità innanzitutto di ristabilire un rapporto di fiducia con l'Europa e le istituzioni europee che secondo l'opinione di tutti era la prima emergenza del Paese". Insomma anche Baffino con un governo pienamente in carica ed eletto democraticamente da milioni di italiani, tramava per spodestare Silvio da palazzo Chigi. E il nome caldo era sempre lo stesso: Mario Monti. Lo stesso scelto da Napolitano per far fuori Silvio. Un Monti che, all'occorrenza, si sarebbe potuto trasformare anche nel "candidato perfetto" per il Pd. Tutto il resto è storia.  

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