Il solito vizio della sinistra: pur di vincere vende l’anima ai poteri forti. Come dimenticare la processione di banchieri alle primarie del 2006 per votare Prodi? O, prima ancora, Massimo D’Alema che, nella definizione al vetriolo di Guido Rossi, aveva trasformato Palazzo Chigi in una banca d’affari dove però «non si parlano le lingue». Non sfugge alla regola Matteo Renzi, 39 anni ieri. Il Rottamatore annuncia ribaltoni a raffica nella politica, a cominciare dal suo partito. Appena esce dal recinto però cerca immediatamente la protezione dei poteri forti di ieri e di oggi. Per carità, un successo rapido l’ha ottenuto, ma il suo merito è indiretto. Cgil, Cisl e Uil hanno raggiunto con Confindustria un accordo sul diritto di rappresentanza in fabbrica. Ci sarà uno sbarramento del 5% per le elezioni nei consigli di fabbrica e sarà tolto il diritto di sciopero contro i contratti aziendali, una volta accettati dai lavoratori. Marchionne l’aveva chiesto tre anni fa ed era uscito da Confindustria perché nessuno l’ascoltava. Ora, in tutta fretta, l’annuncio dell’accordo interconfederale. Tanta fretta temendo l’intervento a gamba tesa del Job Act di Matteo. Un progetto che a Giorgio Squinzi non piace. «Non ne sappiamo abbastanza» dice. Il capo degli industriali sembrerebbe tra i più restii a correre sul carro del neo-segretario, almeno su questo tema. Preferisce l’abbraccio concertativo con Susanna Camusso, segretario uscente della Cgil. Una leadership ora minacciata dall’alleanza fra Matteo Renzi e Maurizio Landini, segretario della Fiom. Che strano: il politico italiano che da grande vuole fare Tony Blair a braccetto del sindacato che ancora riunisce il comitato centrale, come il vecchio Pci. Innaturale. In comune hanno l’obiettivo di ribaltare la maggioranza che oggi guida la Cgil. Renzi lo fa per modificare il sistema di trasmissione tra il sindacato rosso e il Pd. Landini per dare più peso alla Fiom. Ma queste non sono forme di rottamazione. Casomai intrighi da corte rinascimentale, come si conviene a un sindaco di Firenze. Industria La freddezza con Squinzi, al momento, sembra un fatto sporadico. L’ambasciatore di Matteo all’interno del pianeta confindustriale è Yoram Gutgeld, consigliere economico con un passato da consulente in McKinsey (lobby potentissima nel mondo dell’industria e della finanza). Le voci parlano di un corteggiamento a Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda che non aspira a prendere la testa dell’associazione nazionale dopo Squinzi. A fargli da sponda Benito Benedini con il suo pesante carico di cariche: Cavaliere del Lavoro, presidente della Fondazione Fiera di Milano, presidente del Sole 24 Ore e via elencando. Poi gli ospiti fissi della Leopolda: Oscar Farinetti (Eataly), Andrea Guerra (amministratore delegato di Luxottica), Brunello Cucinelli, il re del cachemire. Aggiungiamo Patrizio Bertelli, patron di Prada, e non dimentichiamo i partecipanti alla cena del 17 ottobre 2012 al Four Season di Milano: Claudio Costamagna, ex Goldman Sachs e oggi presidente d’Impregilo, il numero uno di Amplifon Franco Moscetti. Sullo sfondo Vittorio Colao, capo di Vodafone. Finanza Fra gli sponsor del Rottamatore spicca Carlo De Benedetti che, dopo essergli stato ostile, ha annunciato il voto per il sindaco alle primarie. L’Ingegnere porta in dote le armi del Gruppo Espresso-Repubblica. Difficile, però, considerarlo come il «nuovo che avanza» tanto apprezzato dal nuovo leader del Pd. Altrettanto a Siena. Alessandro Profumo presidente di Mps non lo ama. Storicamente è vicino a quella parte della Margherita avversa al Rottamatore. Il banchiere non avrà certamente apprezzato il silenzio di Matteo nel braccio di ferro che l’ha opposto ad Antonella Mansi, presidente della Fondazione. Un silenzio che può essere scambiato per complicità con l’ala più conservatrice della senesità. L’ambasciatore di Renzi nel mondo della finanza è Davide Serra, patron della società di gestione del risparmio Algebris: «Il bandito delle Cayman» l’aveva definito Pier Luigi Bersani. Simpatie verso il neo segretario vengono attribuite a Mario Greco, amministratore delegato di Generali che, a quanto pare, molto si è speso per il successo del tour triestino del Rottamatore. Anche Alberto Nagel, amministratore delegato, viene arruolato fra gli amici. Così come Diego Della Valle, che dopo l’iniziale prudenza sembra aver cambiato idea. L’Espresso lo ha indicato fra i finanziatori della campagna elettorale con 80 mila euro. Insieme a lui il magnate francese della moda François-Henri Pinault, che controlla Gucci. L’elenco però, è stato smentito. Gli ottantenni Tra i simpatizzanti del Rottamatore due capitani di lunghissimo corso. Cesare Romiti l’ha definito «un giovanotto preparato». Francesco Gaetano Caltagirone a Lilli Gruber ha confessato: «I partiti hanno perso contatto con la gente. Renzi ce l’ha». Con Chiamparino altri due grandi vecchi potrebbero ora fare il tifo: Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti. di Nino Sunseri