M5S, Grillo litiga anche con Casaleggio

Il comico spinge per le dimissioni di massa dei parlamentari, il guru è contrario. Lascia lo speaker della web tv
di Giulio Bucchidomenica 12 gennaio 2014
M5S, Grillo litiga anche con Casaleggio
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Il pasticcio sardo. La divisione romana tra il forum vecchio e quello nuovo. L’incognita sulle candidature per le Europee. L’addio, inaspettato, dello speaker della web-tv ufficiale, La Cosa. E ora, soprattutto, i ferri corti tra i due fondatori Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio: decisamente non è stato un buon inizio d’anno per il Movimento Cinquestelle. Pezzi che vanno senza che altri arrivino a rimpiazzarli. Parlamentari in fibrillazione e divisi alla meta: dimettersi o no, se Beppe lo ordina? No. La maggior parte di loro non ci pensa proprio a mollare la cadrega conquistata come fosse una vincita alla lotteria. Gente che, con una legge elettorale basata sulle preferenze, è consapevole del fatto di non potere fare moltissima strada, di fronte a politici ben più navigati e mediatici, quindi ora si tiene ben stretto il tesserino da parlamentare con i relativi benefit, impensabili nella vita precedente. Eppure, l’idea è balenata nella mente del comico ligure: dimissioni di massa non appena usciranno le motivazioni della Consulta sulla bocciatura del Porcellum. «Bravo, tanto lui non sta in Parlamento, sta a casa sua a Genova a darci gli ordini. In Parlamento ci siamo noi», hanno subito commentato deputati e senatori M5S più critici con i diktat del capo. «Se così dovesse davvero accadere», confida un deputato abruzzese, «sarà solo il 20 per cento di noi a seguirlo. Non gli conviene. Casaleggio, poi, non lo seguirebbe».  Già, il guru capellone, esperto di Internet e piattaforme virtuali. I bene informati raccontano di una pattuglia grillina sempre più allineata con le posizioni del socio milanese di Grillo. Gianroberto Casaleggio avrebbe messo in guardia Beppe dal mettere in pratica le paventate dimissioni di massa. «Devono essere votate in Aula, ragiona. E se il Pd e gli altri ce le votassero? Entrerebbero 150 nuovi parlamentari e per noi sarebbe la fine». Meglio lasciare perdere.  Sarà un caso, ma infatti Grillo, dopo il contromessaggio di fine anno (boicottato o troppo cliccato, è stato comunque un mezzo flop) non ha più toccato l’argomento. È stato impegnato, nel frattempo, a giustificare la mancata lista per le regionali della Sardegna e a calmare la rabbia degli attivisti isolani, furibondi per il treno perso nella loro terra. Parecchio adirati perfino i parlamentari M5S, almeno a giudicare da quanto ha chattato il deputato Nicola Bianchi: «Per me il Movimento 5 stelle è morto». Game over. Grillo non ha concesso il simbolo M5S per il voto, ma tra le tante liste in campo ce ne sono almeno due, civiche, che richiamano al Movimento e sono già state definite quasi dei “cloni”. Una, al posto delle stelle grilline, ha cinque asterischi gialli sulla sagoma dell’isola ed è iniziativa di un gruppo di militanti delusi dal niet di Beppe. «Tu non ci fai partecipare al voto nella nostra regione? E noi corriamo da soli». Si chiama: Nuovo Movimento Sardegna. Bagarre sarda pure su una presunta apertura al Pd: una fetta dei grillini cagliaritani era propensa al dialogo con i dem, altri no. E così ognuno è andato in ordine sparso.  Il papa ligure non ci sta a trattare con il partito del sindaco di Firenze. Il giovanotto gli è sicuramente meno simpatico dell’avversario di un tempo, Pier Luigi Bersani. E alle continue provocazioni del segretario sul cambio della legge elettorale, ha risposto a suo modo: «Siamo su Renzi a parte». Parafrasando i più noti Scherzi dello show televisivo.       Eppure, c’è poco da ridere in casa stellata. Ieri ha sbattuto la porta perfino il dj Matteo Ponzano, volto ormai famoso de “La Cosa”, la web-tv ufficiale del movimento. Ponzano ha trasmesso con entusiasmo tutti i grandi eventi, dallo Tsunami tour di Beppe Grillo fino all’ultimo Vaffa day a Genova, ma nel suo addio su Facebook ha spiegato il suo disagio per l’introduzione della pubblicità sugli streaming. La tv «pian piano, per restare sostenibile economicamente, si è trasformato in qualcosa d’altro, e non mi sembrava più giusto restarci». Pur affermando che «l’M5S rimane l’unica possibile svolta», Ponzano, uno dei fedelissimi di Grillo, ha deciso di andarsene.  E in Parlamento, gli altri «talebani di Beppe» provano a studiare il modo per non rimanere nell’angolo: una mozione di sfiducia individuale contro il ministro dei Trasporti Lupi e un’altra contro la titolare dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo, magari sperando in una parte del Pd. Poi opposizione dura a Roma e campagna per le Europee. Sempre che il duo Grillo-Casaleggio regga. di Brunella Bolloli