Più tasse sulle rendite finanziarie. Se qualcuno esultava, a ragione, per l'uscita dal governo del "comunista" Stefano Fassina, Matteo Renzi lo ha riportato coi piedi per terra in pochi secondi. Ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, il segretario del Pd chiarisce cosa possa significare un governo a trazione renziana: "L'aumento della tassazione delle rendite finanziarie sarà uno dei punti del Job Act", a patto di ridurre le tasse come, ad esempio, l'Irap. Mani in tasca ai contribuenti, in ogni caso. La palla passa ora al premier Enrico Letta e al ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. E visto che il posto di vice all'Economia è ancora vacante dopo le dimissioni di Fassina, il programma di Renzi suona molto ingombrante e minaccioso. Saccomanni sotto accusa - L'attacco all'ex Bankitalia è frontale. "Siamo su scherzi a parte", ha ironizzato Renzi riguardo alla decisione del Ministero (poi rientrata) di chiedere agli insegnanti la restituzione di 150 euro per scatti non dovuti. E il responsabile Scuola e Welfare del Pd, Davide Faraone, ha parlato di "assurda richiesta". Nota a margine, ma non troppo: il renziano Faraone è tra i principali candidati per sostuire Fassina e sedersi al fianco di Saccomanni. Tra una battuta di Renzi e un'accusa dei renziani, come la prenderà il ministro pasticcione? Forse aveva ragione Brunetta Nostradamus, quando avvertiva: "Il prossimo a dimettersi per colpa di Matteo sarà lui". Google tax e Bruxelles - La prossima patata bollente sarà la Google tax, per cui Renzi vuole tornare alla carica: "La proposta che girava da noi era una barzelletta e l'Italia sarebbe andata sicuramente sotto infrazione comunitaria, ma adesso c'è il semestre italiano, sotto la presidenza di Letta". Il punto è questo: a metterci la faccia, a Bruxelles, saranno Letta e Saccomanni, non Renzi. Se vinceranno, sarà la vittoria del sindaco. Se perderanno, la sconfitta sarà tutta loro.