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Silvio Berlusconi e la grazia, Giorgio Napolitano: "Capitolo chiuso". L'ipotesi: prima le riforme e poi...

di Giulio Bucchi domenica 20 luglio 2014

2' di lettura

La grazia a Silvio Berlusconi è un "capitolo chiuso". Così, secondo quanto riferisce Repubblica, Giorgio Napolitano avrebbe stroncato sul nascere il possibile ritorno dell'ipotesi sul Cavaliere, tornata alla ribalta dopo l'assoluzione in Appello dell'ex premier nel processo Ruby. Forza Italia, per bocca di Renato Brunetta e non solo, aveva ribadito la necessità di una "pacificazione" per riottenere la "piena agibilità politica di Berlusconi". Il Cav, dal canto suo, avrebbe chiesto ai suoi un "basso profilo", così come consigliato dall'avvocato difensore Franco Coppi, artefice della vittoria processuale a Milano. Vietato, insomma, tirare la giacchetta al presidente della Repubblica, in passato già abbondantemente chiamato in causa. Nell'agosto 2013, dopo la condanna di Berlusconi in Cassazione nel processo Mediaset, il Colle aveva polemicamente ribattuto alle richieste dell'entourage dell'allora leader del Pdl: "Le sentenze vanno rispettate e la grazia può essere concessa solo se richiesta e se vi sono le condizioni", era il succo del messaggio del Colle. Dal canto suo, Berlusconi ha sempre rifiutato di avanzare una richiesta ufficiale di grazia, sebbene molti (compresi i figli) gli chiedessero un "atto di umiltà". Atto di umiltà che il Cav ha invece sempre vissuto come umiliazione, non mancando negli ultimi mesi del 2013 di lanciare stoccate ora alla magistratura ora allo stesso Capo dello Stato. "Oggi non lo rieleggerei", ripeteva in autunno, deluso. E a novembre ecco la nuova, durissima replica di Napolitano: "Si sono manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni". Napolitano non ha cambiato idea: i presupposti per la grazia non ci sono, e difficilmente ci saranno finché lui siederà al Quirinale. Prima le riforme, poi la grazia - Ma Berlusconi spera, perché in ballo ci sono le riforme. Non è un caso che anche prima della sentenza di venerdì il leader di Forza Italia ripetesse: "Andiamo avanti con Renzi anche se mi condannano". E lo stesso Renzi, dopo l'assoluzione, ha ribadito: "Ora avanti tutta con Forza Italia e il Nazareno, le riforme le avremmo fatte insieme anche se avessero condannato Berlusconi". Non è un caso, si diceva. Un po' per mancanze di alternative vere: Forza Italia sa che, in caso di rottura, si rischierebbe di andare al voto con conseguenze elettorali prevedibili, Renzi sa che senza Berlusconi sarebbe ostaggio dei ricatti del Movimento 5 Stelle. Un po', però, anche per calcolo: fare le riforme significherebbe, infatti, porre termine alla presidenza di Napolitano, che ha sempre dichiarato di voler lasciare la carica nei primi mesi del 2015. E' il Messaggero ad abbozzare l'ipotesi: "prima le riforme, poi la grazia". E in quel caso non sarebbe Napolitano a concederla, ma il suo erede, eletto dopo un'altra intesa tra Pd, centristi e Forza Italia. Beffa della politica: la pacificazione definitiva potrebbe arrivare senza Re Giorgio, l'uomo del "grande inciucio" della primavera 2013.

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