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Facci: quando le prescrizioni del Cav valgono come condanne

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 20 aprile 2014

2' di lettura

La Corte di Cassazione ha reso note le motivazioni che a suo dire giustificano i due anni di interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici per il processo Mediaset, quello per frode fiscale. La decisione, ricordiamo, risale al 14 marzo scorso. Al di là delle scontate valutazioni sulla «gravità» del reato (la frode fiscale, appunto) la sentenza non fa che aderire a quanto aveva già sancito la Corte d’Appello di Milano, la quale, su un preciso punto, si era scontrata con le tesi della difesa. Il punto era questo: se le passate sentenze di prescrizione che hanno riguardato Berlusconi - al di là degli effetti penali ovviamente nulli - dovessero o no avere un loro peso nel valutare la «personalità» dell’imputato, e dunque incidere sulla durata dell’interdizione. Secondo i giudici - e non stupisce - sì, bisognava tenerne conto. Insomma, è vero che Berlusconi risultava incensurato: ma gli incensurati non sono tutti uguali, quindi l’ex Cavaliere merita meno indulgenza di altri incensurati: «La Corte ha preso in esame, oltre che la gravità del fatto riferita alle condotte non estinte per prescrizione, anche la personalità dell’imputato da valutarsi globalmente tenendo conto dei precedenti penali e giudiziari nell’ambito dei quali rientravano le condotte per fatti ormai estinti per prescrizione». Le due corti - lo ripetiamo ancora, perché pare assurdo - in pratica hanno tenuto conto dei precedenti penali di Berlusconi anche se non sono penali. Viceversa, secondo i giudici, la tesi dei legali secondo le quali i reati prescritti non dovevano essere valutati è «insostenibile». Ovvio che a Berlusconi resterà l’amaro in bocca. La Cassazione ha aderito alla decisione della Corte d’Appello (e della Procura generale) che ha ricalcolato la durata dell'interdizione dopo che i giudici del processo principale, sempre a Milano, si erano sbagliati e avevano inflitto a Berlusconi cinque anni di pena accessoria, senza accorgersi che la legge prevedeva un massimo di tre. Interdizione a parte, oggi scadono i cinque giorni entro i quali il tribunale di sorveglianza deve decidere se Berlusconi andrà ai domiciliari o ai servizi sociali, come chiesto dalla difesa col nulla osta della procura: il tutto per dieci mesi. Viene dato per scontato che il leader di Forza Italia possa prestare volontariato vicino ad Arcore (poca roba: mezza giornata una volta alla settimana) ma restano da capire le possibili restrizioni all’attività politica. Le regole ci sono, ma ogni deroga è possibile: dunque, tanto per cambiare, tutto è nelle mani dei giudici. di Filippo Facci

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