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Corradino Mineo, il pizzino mafioso a Matteo Renzi: "Sei subalterno a una donna. Tu sai che io so"

di Andrea Tempestini domenica 8 novembre 2015

4' di lettura

Tutto si può dire di Corradino Mineo, tranne che non sia un consumato uomo di comunicazione, un giornalista di grande esperienza. È dunque impensabile che abbia voluto scrivere le sue pesanti allusioni nero su bianco in un comunicato stampa senza immaginare le conseguenze. Per rispondere alle critiche di Matteo Renzi, il senatore ha preparato una lunga nota sguaiata e dal sapore ricattatorio: «Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E sa che io so». E ancora: «So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano». Il senatore eletto col Pd, ma dimessosi dal gruppo dem ad ottobre, allude a una presunta «subalternità» del premier ad una signora: si riferisce alla first lady Agnese oppure, come ha pensato qualcuno, al ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi? L’aggettivazione usata e il link tra aspetto estetico e ruolo politico farebbero propendere per la seconda ipotesi, ma - in fondo - poco importa. Quello che importa è il tono mafioso e sessista utilizzato dall’ex direttore di RaiNews. Un attacco meschino che questo giornale, il quale non ha certo risparmiato critiche al premier-segretario del Pd, considera inaccettabile. Se Mineo ha qualcosa da denunciare lo faccia, ma non può permettersi messaggi e allusioni di questo tipo. Fortunatamente, i toni dell’accusa del senatore non hanno urtato solo noi. Hanno causato una ondata di sdegno che ha travalicato gli schieramenti e pure i sessi, sollecitato reazioni critiche nel Pd, in Fi, specie tra le donne, ma anche tra gli uomini. «Sono pizzini», dice per esempio la senatrice dem Laura Cantini. «Mineo è misogino», le ha fatto eco il deputato Edoardo Patriarca e il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti parla di «volgarità e delirio». Prende le distanze per conto della minoranza anche un bersaniano come Miguel Gotor, che parla di «meschinità», mentre pure Stefano Fassina chiede che il senatore «si scusi». Risponde a nome del governo Luca Lotti: «L’odio personale nei confronti di Renzi supera ormai ogni decenza. Il linguaggio allusivo di Mineo si commenta da solo». Il solitamente taciturno sottosegretario di Palazzo Chigi la prende con ironia: «Gli amici stiano vicini a Mineo; ne ha bisogno». Infine una postilla: «Chi conosce Renzi può definirlo in vario modo, anche colorito. Etichettarlo come subalterno, a noi, suoi amici, fa sorridere di gusto», ha concluso. Anche tra i forzisti si levano voci critiche, come quella di Elvira Savino: «È una frase criptica e imprudente». La “vendetta” dell’ex direttore di RaiNews24, giornalista dal 1971, senatore alla prima legislatura, voleva essere la risposta alle parole sprezzanti che il presidente del Consiglio gli aveva riservato nell’intervista rilasciata a Bruno Vespa per il suo nuovo libro. «Corradino? Un anno fa annunciò le dimissioni da senatore dopo aver offeso in modo squallido i bambini autistici. Disse: ho sbagliato, me ne vado. È sempre lì. Al massimo si dimette dal Pd, ma la poltrona non la lascia». Mineo l’ha presa male. «Non ho mai manifestato l’intenzione di dimettermi dal Senato, se non in un sms che mandai proprio a lui (Renzi, ndr), disgustato dall’attacco volgare che mi aveva mosso dopo la vittoria alle Europee», ricorda il senatore nella nota. «Fu Gianni Cuperlo a riprendermi e spiegarmi che la politica, ahimè, è anche questo: scorrettezza cialtrona, e che bisogna saper resistere. Io non ho bisogno della poltrona, a differenza di qualcun altro. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore». A quel punto è scattata l’allusione - pesante - e quel “tu sai che io so” che ha lasciato sgomenti tutti gli osservatori. Cosa potrebbe mai sapere il senatore che è stato sin dall’inizio anti-renziano, che ha condiviso per un po’ le posizioni di Pippo Civati, ma non ha avuto la prontezza di seguirlo fuori dal partito, e poi ha guidato la fronda dem contro le riforme istituzionali scritte proprio dal ministro Boschi e che, in quel ruolo, è stato sconfitto? Mistero. «Hai toccato il fondo», è il commento-tipo che Mineo - finito ieri pomeriggio tra i trending topic di Twitter, cioè tra gli argomenti più discussi - ha rimediato con la sua uscita. Cosa lo aspetti, invece, è chiarissimo. Nel pomeriggio di ieri, mentre ancora fioccavano le proteste sui social dei suoi ex elettori, il giornalista ha pubblicava su Facebook l’invito alla presentazione di un libro scritto con due altri ex piddini come Walter Tocci e Stefano Fassina. Da ieri i “fuoriusciti” hanno tre nuovi compagni di strada: i fedelissimi di Pier Luigi Bersani, Alfredo D’Attorre, Vincenzo Folino e Carlo Galli hanno lasciato il Pd in direzione di un’ipotetica nuova Cosa Rossa. E la Boschi? «Tranquillissima», garantisce chi le ha parlato. Tanto che ieri sera si è presentata in un cocktail bar a due passi da Montecitorio e, col super-renziano Ernesto Carbone, s’è fatta un aperitivo open air. di Paolo Emilio Russo

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