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Italicum, la riforma elettorale passa alla Camera

di Lucia Esposito domenica 16 marzo 2014

2' di lettura

Dopo una serata al cardiopalma, una votazione sul tema delle preferenze che ha messo in evidenza tutta la spaccatura e i malumori interni al Pd, questa mattina l'Aula di Montecitorio ha approvato la legge elettorale con 365 sì. I no sono 156, 40 astenuti. Scorrendo i tabulati della votazione emerge che sono mancati soltanto 24 voti alla maggioranza politica sull'Italicum: di questi 23 i voti mancanti del Pd (9 in missione, 14 assenti al momento del voto), mentre sono 8 quelli mancanti per Forza Italia. Tra le assenze che spiccano al momento del voto, nelle file del Pd mancano all’appello Rosy Bindi e Francesco Boccia, che però risultano entrambi in missione, anche se già ieri avevano manifestato la loro contrarietà al testo della riforma. E ancora: mancano all’appello i lettiani Anna Ascani, Marco Meloni e lo stesso Enrico Letta. Tra gli altri, non votano l’Italicum Pippo Civati e la bersaniana Enza Bruno Bossio. Volendo allargare il calcolo, la maggioranza che ha votato la fiducia al governo Renzi, lo scorso 25 febbraio alla Camera, perde 72 voti. In sostanza, Renzi incassò 378 voti sulla fiducia al governo. Oggi l’Italicum ha ottenuto 365 sì. Se a questi si sottraggono i 59 voti di Forza Italia che oggi hanno approvato la riforma ma che non votarono la fiducia a Renzi, alla maggioranza mancano 72 voti. A venir meno in maggior numero sono stati i voti di Scelta civica e Popolari per l’Italiascegliersi i parlamentari". "Grazie ai deputati e alle deputate, oggi hanno dimostrato che è davvero possibile cambiare l'Italia".   La riforma della legge elettorale ha quindi superato lo scoglio della Camera. Anche se, nei quattro giorni di votazioni e stop and go alla Camera, non sono mancate tensioni e spaccature interne ai due partiti maggiori che sostengono L’Italicum, Pd e Forza Italia. Regge il patto siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi e dopo il via libera di Montecitorio, la parola passa al Senato. Dove, però, si profila un percorso non privo di ostacoli e insidie: la minoranza Pd e le donne democrat sono pronte a dare battaglia sulla parità di genere. Ncd mira a incassare le preferenze che, a Montecitorio, sono state bocciate per un soffio: l’ultimo emendamento sulla doppia preferenza di genere non è stato approvato per soli 20 voti e grazie all’aiuto del governo, presente in Aula con tre ministri e ben 11 sottosegretari. E poi cresce il malumore dei piccolì, che gridano alla "cannibalizzazione" dei loro voti. Al Senato le insidie potrebbero causare non pochi problemi alla tenuta del patto Renzi-Berlusconi: a palazzo Madama, infatti, i numeri della maggioranza assieme a Forza Italia sono più risicati. Anche se al Senato non c'è l’incognita del voto segreto. Anche Berlusconi non nasconde i problemi che potrebbero subentrare al Senato, ma per ora l’importante è mantenere fede alla parola data e restare centrale nel percorso delle riforme. Anche perchè, è il ragionamento, così si evidenziano le spaccature del Pd, ha riflettuto con i fedelissimi, mentre emerge la nostra compattezza.

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