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Quote rosa, la Camera boccia gli emendamenti col voto segreto

di Giulio Bucchi domenica 16 marzo 2014

3' di lettura

No alle quote rosa: l'Aula della Camera ha bocciato a scrutinio segreto tutti e tre gli emendamenti che prevedevano rispettivamente l'alternanza uomo/donna nelle liste elettorali (335 no), quello sulla parità perfetta tra capilista uomo e donna 50 e 50 (344 no) e quello sul bilanciamento massimo 60-40 (298 no e 253 sì, il più combattuto). E ora il premier Matteo Renzi, che sulla parità di genere ha di fatto alzato le mani rimettendo tutto al libero voto (segreto) di Montecitorio per non creare fratture insanabili con Forza Italia, rischia seriamente la rappresaglia delle donne del Pd. Il presidente della Camera Laura Boldrini ha preso atto dei malumori dell'Aula, in particolar modo della porzione femminile, e ha convocato la riunione dei capigruppo per capire come procedere con il resto della votazione che dovrebbe dare il via definitivo alla nuova legge elettorale. Seduta sospesa, si riprenderà con la votazione martedì. L'impressione è che il sì ci sarà, ma costerà molto caro a Renzi. La vendetta ora non arriverà a Montecitorio, ma potrebbe essere servita fretta, a Palazzo Madama, dove i senatori non garantiscono coesione e maggioranza necessaria per blindare alcunché. Renzi: "Il Pd garantirà l'alternanza" - L'imbarazzo nel Pd è tangibile. C'è chi come Francesco Boccia, lettiano di ferro, sottolinea il fallimento dei "due forni" voluti dal premier, con la maggioranza tra dem e Forza Italia "che non c'è, o sulle quote rosa ha deciso di votare contro, mancando un'occasione storica". Le donne fanno blocco e accusano: "Sono stati traditi i patti". Renzi non può far altro che abbozzare: "Il Pd rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere - è il suo commento su Facebook -. Ma rispetta anche l'impegno sancito dalla direzione su proposta del segretario: nelle liste democratiche l'alternanza sarà assicurata. Ho mantenuto la parità di genere da presidente della Provincia, da sindaco, da segretario, da presidente del consiglio dei ministri. Non intendo smettere adesso". Il guaio è che la questione, da ideologica, potrebbe diventare ben presto tutta politica. Il fronte comune delle deputate - I tre emendamenti bipartisan erano stati firmati e sostenuti da decine di deputate, dal Pd a Forza Italia. Mancando un accordo tra i partiti, il governo ha deciso di alzare bandiera bianca (come il vestito indossato dalle pasionarie della parità di genere, oggi a Montecitorio), anche per evitare rotture ben più gravi e far saltare, così, tutto l'impianto dell'Italicum. Renzi l'aveva già detto domenica sera da Fazio a Che tempo che fa: non ne avrebbe fatto questione di vita o di morte. Ma col "sabotaggio" sulle quote rosa avrà mezzo partito (quello in gonna o tailleur) contro, e un'altra parte di democratici maschi pronti a spalleggiare le colleghe pur di mettere in difficoltà il premier, che poco si è speso per inserire la parità di genere nella legge. E non è un caso che già molte, a cominciare da Alessandra Moretti, puntino il dito contro le ministre dem, Maria Elena Boschi in testa, troppo silenziose e abbottonate.  Gli accordi con Forza Italia - Per ora, però, quel che importa a Renzi, al di là delle battaglie ideologiche,  è portare a casa il malloppo. Molto più importante, dal suo punto di vista, la tripletta incassata sempre in questa giornata tumultuosa. Con Forza Italia è stato raggiunto l'accordo sui collegi, ridotti dai 148 iniziali a 120, con il governo che ha 25 giorni per presentare la ripartizione. Sì a un massimo di 8 multi-candidature, mentre da piazza San Lorenzo in Lucina il coordinatore azzurro Denis Verdini ha ritirato i cosiddetti emendamenti "salva-Lega", quelli cioè che consentivano ai partiti ad alto radicamento territoriale di entrare in Parlamento anche senza superare lo sbarramento nazionale del 4,5 per cento. "Salva-Lega" o "Salva Cosentino", come qualcuno maliziosamente a sinistra aveva sussurrato, prospettando trame avallate dallo stesso Renzi.  di Claudio Brigliadori

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