Tutti contro Matteo Renzi: attaccato da Corriere, Repubblica e La Stampa

di Andrea Tempestinidomenica 22 giugno 2014
Tutti contro Matteo Renzi: attaccato da Corriere, Repubblica e La Stampa
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Un attacco totale, da più fronti, da quella che è la stampa amica e da chi, invece, lo ha sempre criticato. Nel mirino c'è il premier, Matteo Renzi, la cui stella sembra già un po' appannata: la politica degli annunci, la politica delle parole non basta. E non può bastare. L'uomo da Rignano sull'Arno criticato per le politiche economiche, per le riforme istituzionali, per le scelte sul Fisco e per quel sapore "democristiano" lo contraddistingue. A sparare sul premier è il tridente della stampa amica, ossia Corriere della Sera, Repubblica e La Stampa. Nuova Dc - Per primo il duro editoriale di Piero Ostellino sul Corsera. Il corsivista riprende la frase di Matteo sullo scandalo Mose: "Il problema non sono le regole; sono i ladri". Una frase che per Ostellino avrebbe potuto dire "Di Pietro o qualsiasi altro uomo politico della prima Repubblica". "Che piaccia o no, è la definitiva trasformazione del Partito democratico nella vecchia Democrazia cristiana". Secondo Ostellino "le chiacchiere sulla rottamazione delle generazioni precedenti (...) sono state un'operazione di marketing per prevenire al ricambio di una classe dirigente postcomunista". Ma il punto è che con Renzi "la politica italiana registra il ritorno ai metodi della vecchia Dc (...). prendersela con i ladri e promettere demagogicamente un futuro luminoso solletica il moralismo e il pressapochismo populista e non costa". Un attacco a tutto tondo, che si arricchisce del paragone tra Matteo e Bettino Craxi: "La frase che il problema non sono le regole, sono i ladri, è una riproposizione di quella sul 'mariuolo Chiesa', che Craxi aveva usato per tenere fuori il Psi dallo scoppio di Tangentopoli". Renzi, dunque, un demagogo, un neo-democristiano (nell'accezione peggiore del termine). Autoritarismi - Si passa poi a Repubblica, dove Eugenio Scalfari, domenica dopo domenica, continua a martellare sull'osteggiatissima riforma del Senato. "Riconosco la bravura, il potere di seduzione, le buone intenzioni - scrive Barbapapà a conclusione del suo domenicale -. Ma un governo autoritario francamente non lo voglio. Non lo vogliamo". Il fondatore di Repubblica mette nel mirino il testo che "fa prevedere insomma che i poteri dell'esecutivo aumenteranno; la magistratura e il suo organo di autogoverno ringiovaniranno e l’esperienza dei vecchi sarà anche qui messa in soffitta o in cantina. Caro Matteo, tu sei bravo e seducente. A volte ottieni risultati utili al Paese, a volte fai errori o persegui il rafforzamento del tuo potere". Per Scalfari, dunque - e lo ripete da tempo - il rischio è quello dell'autoritarismo (già tempo fa accostò la figura di Renzi a quella di Benito Mussolini). Scalfari, infine, ricorda al premier che il "fatto che un Senato vero farebbe perdere tempo prezioso" è "una totale bugia", e per dimostrarlo snocciola dati ufficiali dell'Ufficio del Senato sulle tempistiche per l'approvazione delle leggi. Tempi biblici. "Non sono colpe del bicameralismo - conclude -, ma della burocrazia ministeriale". "E' lì che dobbiamo colpire". 80 euro - Altro giro, altro regalo. Si passa a La Stampa, dove la critica è - forse - la più pesante. A scrivere è Luca Ricolfi, che esordisce così: "E se i mondiali di calcio dell’Italia, tutta pimpante contro l’inesistente Inghilterra e finita ko contro la squadra di Costa Rica, fossero un’inquietante metafora della parabola del governo Renzi?". Il parallelismo è relativo al bonus di 80 euro e sulla sua trasformazione in sgravio fiscale permanente. Ricolfi scrive del timore di chi potrebbe non trovarselo più in busta paga nel 2015. Ma sottolinea: "Il mio timore è opposto, invece". E ancora, sul bonus: "Ebbene, mi spiace dirlo ma secondo me non può funzionare, e forse è persino un bene che non funzioni". Il punto - confermato dalle cifre - è che "per mantenere la promessa di stabilizzazione del bonus di 80 euro è quello di adottare, insieme a qualche riduzione di spesa, un mix di nuove tasse (come in parte è già stato fatto) e di ulteriore deficit pubblico". Ricolfi, infine, chiosa tagliente: "Se invece (Renzi, ndr) vuole vincere anche le elezioni regionali (nel 2015 si vota in oltre la metà delle Regioni), avanti così: punti tutto sul rinnovo del bonus". Fisco - Infine le critiche di Libero, a firma di Carlo Pelanda, che punge sulla "sfida sbagliata" di Renzi, ossia quella sulle spese e non sul Fisco. I socialisti europei, infatti, vogliono togliere dal calcolo del deficit la spesa per investimenti. Peccato però che per battere la crisi servono meno tasse ai privati, e non più lavori pubblici. Pelanda spiega: "Bisognerebbe puntare ad una flessibilità diversa da quella perseguita dagli statalisti: finanziamento in deficit temporaneo di una detassazione massiva, sotto la vigilanza e garanzia della Ue, per avviare in tempi rapidi il motore del mercato. Entro il vincolo del pareggio di bilancio la riduzione del peso fiscale deve essere calibrata con la riduzione della spesa. Ma questa seconda azione richiede tempi medio-lunghi, comporta dissensi e, soprattutto, un impatto deflazionistico peggiorativo se non diluito nel tempo. Pertanto la detassazione stimolativa può essere fatta solo se per un periodo di 3-5 anni viene permesso un deficit temporaneo". Meglio, dunque, abbassare le tasse ai privati.