La cosiddetta "vocazione democratica" del Pd, irrimediabilmente, si traduce in una rissa perpetua. L'ultimo lampante esempio è quello che ha come protagonista Gianni Cuperlo, nominato da Matteo Renzi alla presidenza del partito dopo la vittoria alle primarie, una nomina nel nome del pluralismo, quel pluralismo che dovrebbe essere la cifra del Nazareno. Peccato che questo pluralismo sia sfociato nella continua guerriglia che ha portato alle dimissioni-lampo di Cuperlo stesso. Il Pd, ora, è una polveriera. Resta da individuare il prossimo presidente, e già impazza il toto-nomi. Nelle ultime ore ha iniziato a farsi strada un'ipotesi a tinte rosso-spinto: quella di Pierluigi Bersani, fresco di dimissioni dall'ospedale, alla presidenza dell'assemblea democratica. Un nome su cui spinge la base che si oppone al segretario. Un nome che, nel caso in cui venisse confermato, si annuncia di replicare quasi in toto lo scontro ai vertici che si è consumato con Cuperlo, uomo d'apparato. Contro "il moccioso" - Anche Renzi, stando ai rumors, non sarebbe contrario alla nomina. Ai suoi più stretti collaboratori, dopo le critiche per l'eccessivo decisionismo, avrebbe confidato: "Voglio spiazzare". Come aveva spiazzato con il dalemiano Cuperlo dopo le primarie (e tutti hanno visto come è andata a finire, in tempi sorprendentemente brevi). Ora la palla potrebbe passare a Bersani, e non è affatto escluso che accetti, a patto però di ottenere garanzie. L'ex segretario chiede un Pd capace di "mostrarsi comunità politica nella quale tutti possono dire quello che pensano". In soldoni, Bersani vuole poter - davvero - limitare il potere di Renzi, quello che molti sostenitori dell'uomo che viene da Bettola, sui social network, definiscono "il moccioso". "Riposati, Pierluigi - scrivono - che poi c'è da rimediare ai danni di quel moccioso". Manovre a sinistra - Il toto-presidente, però, non si esaurisce con il nome dell'ex candidato premier alle politiche dello scorso febbraio. In lizza, infatti, c'è innanzitutto Andrea Orlando, ora in pole position, il "giovane turco" e ministro dell'Ambiente. Secondo i rumors, Renzi gli avrebbe già proposto la presidenza, ma lui avrebbe nicchiato. Con Orlando alla presidenza, per quanto espressione dell'ala più a sinistra del partito, si acuirebbe lo scontro con la vecchia guardia, con Bersani e Massimo D'Alema su tutti, che verrebbero superati e, di fatto, archiviati. Con Orlando alla presidenza del Nazareno, Renzi "comunicherebbe" alla vecchia guardia che nel suo Pd, oggi, contano poco e nulla. Un quadro complesso, dunque, degli equilibri complicati che possono variare con ogni mossa. Accrocchio rosso - Nella rosa dei nomi, poi, entra anche Matteo Orfini, che però ribatte alle indiscrezioni: "Io? Non credo di essere adatto". Per Orfini sembra delinearsi un ruolo nella segreteria (altra nomina con cui esautorare ancor di più i "dinosauri" del partito). Tornando alle indiscrezioni sulla presidenza, circolano anche i nomi di Walter Veltroni nonché dell'attuale vicepresidente, la prodiana Sandra Zampa. C'è poi anche un'ipotesi Guglielmo Epifani, l'ex segretario-traghettatore, che però difficilmente potrebbe spuntarla (i suoi rapporti con Renzi sono ridotti ai minimi termini; Epifani ha accusato Renzi di essere stato uno "screanzato" nella gestione dell'affaire-Cuperlo). I tempi della successione, però, restano incerti. Il punto lo fa la Zampa: "Per l'assemblea deve venire gente da tutta italia. Ci vorrà qualche settimana. Credo che entro febbraio chiuderemo la vicenda".