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Matteo Renzi, lo scenario dopo settembre: manovra, trattativa con la Troika e voto anticipato

di Giulio Bucchi domenica 10 agosto 2014

3' di lettura

Vivere di tasse o morire di Troika? Il dubbio non è tanto degli italiani, che dovranno subire più o meno supinamente, ma di Matteo Renzi. L'allarme lanciato da Mario Draghi giovedì è da spia rossa fissa e non lascia margini di manovra al premier. Le strade da imboccare sono due: o maxi-manovra correttiva, condita da tagli anche lineari alla spesa pubblica, oppure avviare un negoziato Ue per allargare le maglie del rigore. La frenata del Pil e la recessione potrebbero consentire all'Italia, per esempio, di dilazionare al 2016 l'obbligo di pareggio strutturale di bilancio ma è ipotesi complicatissima, ad oggi poco credibile perché sempre meno credibile è il governo Renzi. Troppe promesse e pochi fatti hanno reso, come dire, piuttosto suscettibile l'asse Unione Europea-Eurotower. Ecco perché, dopo l'estate, può succedere di tutto.  Riforme blindate, Re Giorgio saluta e... - Il paradosso di Renzi è che la mazzata economica sancita da Istat e Bce cade nel periodo politicamente migliore delle ultime settimane. In Parlamento, infatti, non potrebbe andare meglio per il governo: al Senato la riforma passerà entro l'8 agosto, secondo i piani, con il via libera definitivo alla Camera atteso per metà novembre, giusto il tempo di far passare il ddl Boschi prima in in commissione Affari Costituzionali quindi a Montecitorio. Contemporaneamente, la riforma delle legge elettorale uscita dalla Camera passerà a Palazzo Madama per l'approvazione. Per il nuovo Senato, dopo le eventuali quattro letture, ci sarà il referendum confermativo che nei conti di Renzi si dovrebbe celebrare contestualmente alla tornata delle Regionali, probabilmente entro aprile. A quel punto, con le riforme istituzionale e la legge elettorale blindate, tutto sarà pronto per tornare al voto, quello politico, entro giugno 2015. Anche perché contemporaneamente Giorgio Napolitano potrebbe dimettersi: come promesso, al compimento dei 90 anni, il capo dello Stato lascerà al suo erede, che verrebbe scelto da questo Parlamento. Il nuovo presidente, di fatto, dovrà riconsegnare le chiavi del governo a Renzi per gli ultimi mesi prima delle elezioni. La grana economica - Tutto questo nello scenario ideale sognato fino a qualche giorno fa dal premier. Ma dopo il discorso di Draghi cambia tutto. Perché diventerà ancora più centrale il tema delle riforme economiche: tagli alla spesa pubblica, pacchetto lavoro, calo delle tasse per agganciare la ripresa e far ripartire la produzione industriale e i consumi, visto che gli 80 euro si stanno rivelando utili solo a prendere voti alle Europee. Punti dimenticati negli ultimi due mesi, non a caso. Silvio Berlusconi, che ha confermato il proprio appoggio al governo in ogni caso (suggerendo anche l'ingresso di Forza Italia nella squadra), è sicuro: senza gli azzurri, quelle leve economiche Renzi non riuscirà mai a muoverle. Matteo non vuole Silvio nel governo, ma rischia grosso: se fallisce la trattativa con l'Ue, sarà manovra correttiva aperta ai franchi tiratori già visti all'opera in Senato, che potrebbero fare lo sgambetto fatale al premier anche semplicemente continuando con l'ostruzionismo. Perché Ue, Bce e Fmi hanno fretta, così come Napolitano. E se Re Giorgio, spazientito, decidesse di mollare premier e poltrona in un colpo, in anticipo sui tempi, Renzi potrebbe dire considerare finita la sua avventura a Palazzo Chigi.  di Claudio Brigliadori @piadinamilanese

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