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Appello a Boccia:  "Dai l'autonomia a lombardi e veneti o levala alla Sicilia"

di Maria Pezzi domenica 15 settembre 2019

4' di lettura

«Autonomia, autonomia che tutti i governi porta via». Così, profetizzando sventure istituzionali, un finanziere caro alla Lega commenta il pubblico dibattito La voce delle regioni accesosi ieri nel Forum Ambrosetti. Perché da Cernobbio, dal festival di Sanremo dell' economia, tre governatori sopra la linea gotica (Attilio Fontana il lumbard, Stefano Bonaccini Romagna mia, l' esiliato speciale dalla Liguria Giovanni Toti, più il simpatico intruso campano Vincenzo De Luca), hanno appena messo la bomba sotto il tavolo del governo, come direbbe Hitchcock. Noi ne aggiungiamo un' altra. Modesta domanda: ma se non vogliono dare l' autonomia a Veneto e Lombardia perché invece la lasciano a chi ha sempre mal utilizzato quel privilegio costituzionale? Tipo, la Sicilia? Ci spieghiamo. L' autonomia differenziata, legittimata dai referendum veneto e lombardo del 2017, troppo attesa e mai ottenuta, potrebbe davvero essere il grimaldello per scardinare questo governo già fragilino di suo. Le posizioni sul tema sono note, e vengono rimarcate con forza. Fontana dice: «Si mettano da parte pregiudizi e affermazioni sgangherate e si riparta dal lavoro già fatto». Bonaccini, dall' Emilia, è incazzato specie coi suoi del Pd e richiede ragionevolmente «15 competenze su 23», e non gli danno manco quelle. Luca Zaia dal Veneto, che le competenze territoriali le vuole tutte, fa sapere che «se il modello proposto è l' Emilia non firmo». Toti è pronto invece a firmare, nel solco leghista, la richiesta di un nuovo referendum autonomista pure in Liguria. De Luca ci sta pensando ma tiene a precisare che «scuola e sanità non si toccano» e sfida la Banca d' Italia e l' ufficio Bilancio di Camera e Senato ad esaminare le risorse che effettivamente arrivano al Sud, dato che la Sanità campana, secondo lui, «non vede un euro». De Luca agita la campagna giornalistica meridionalista che, con faldoni di documenti del Mef, sta perorando da mesi il Quotidiano del Sud di Roberto Napolitano. Dialogo con tutti - Sono le stesse carte, peraltro, che ha in mano Francesco Boccia, il neoministro degli Affari Regionali, economista di inattesa misura e competenza. Il quale, dal suo Digithon pugliese, annuncia di voler subito dialogare con tutti i governatori di cui sopra (che Conte doveva ascoltare già sei mesi fa). Boccia ha in mente un' autonomia che «deve avere un collante: tenere per mano il Paese. Non c' è una contrapposizione Nord-Sud, c' è la necessità di dire che il Paese è uno». E l' affermazione è condivisibile, ma assai astuta, segue la legge e seda i militanti pentastellati e dem del sud: Boccia sa perfettamente che l' autonomia prevista dal titolo V° della Costituzione introdotta proprio dal suo Pd, prevede per natura la preservazione della "coesione territoriale", elemento peraltro ribadito nel contratto Lega-M5S. E quindi nessuno vuole spaccare l' Italia. Anzi. Ora, torniamo a bomba, ai siculi. Caduta la risibile eccezione retorica di «voler far saltare l' unità d' Italia» il problema dell' autonomia si riduce, come sempre, a un problema di soldi: quanto costerà, a chi spetteranno, quanti se ne sprecheranno? Sicché, parlando di sprechi, in attesa dei decisivi incontri tra nuovo governo e vecchi governatori per dirimere la controversia, ci permettiamo la cruciale domanda di cui sopra: perché la Sicilia merita l' autonomia? Anche perché ci vuole una bella faccia di tolla come quella dei deputati dell' Ars, l' Assemblea Regionale Siciliana, per schierarsi contro il criterio della spesa storica chiedendo così al governo Conte di garantire la loro «spesa d' investimento per i prossimi dieci anni così da colmare il divario con le regioni del Nord». La Corte dei conti - Ora, la Corte dei Conti ha appena annunciato altri 400 milioni di buco nel bilancio della Regione Sicilia, per un disavanzo giunto a 7,3 miliardi. Mentre Lombardia, Emilia e Veneto hanno un residuo fiscale che varia dai 18 ai 54 miliardi, la Sicilia è quella che, in assoluto, riceve da Roma molto più di quanto versa: Palazzo dei Normanni ha il dato con il maggior deficit, - 10 miliardi e 617 milioni e questo nonostante il livello altissimo delle tasse locali. 4,84% rispetto al 3,88% delle altre Regioni a Statuto speciale. Ogni anno servono 5 miliardi extra per coprirne il fabbisogno siculo. Senza contare altri dettagli dei politici dell' isola che ai cittadini normali fanno intorcinare le budella. In Sicilia, infatti, la legge sul taglio dei vitalizi non è mai stata recepita. Anzi, è nato un acceso dibattito che ha visto addirittura personalità di spicco ergersi a paladini dei privilegi, come Gianfranco Miccichè. In Sicilia non ha avuto finora più fortuna neanche la legge n.3 del 2019, la cosiddetta "spazzacorrotti". Per allineare la Regione al resto d' Italia, infatti, servirebbe una norma dell' Ars che, però, non è ancora arrivata. In Sicilia, nascondendosi dietro la "libertà" incontrollata dello Statuto speciale, il parlamentino non ha mai percepito gli artt. 12 e 14 della legge 515/93 che prevedono la verifica del rendiconto delle spese elettorali da parte della Corte dei Conti: lì i bilanci dei partiti non possono essere sottoposti ad alcun controllo. E potrei andare avanti, ma mi fermo per decenza e spazio. Caro Boccia, in tutto questo casino che lei si appresta ad affrontare, ci sia un punto di partenza. di Francesco Specchia

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