Finanziamento ai partiti, la verità sul decreto di Letta
"Per rinunciare ai finanziamenti pubblici è sufficiente non prenderli come ha fatto il M5S che ha rinunciato a 42 milioni di euro. Il decreto legge di Letta è l'ennesima presa per il c... Basta con le balle d'acciaio. Fatti, non pugnette". Beppe Grillo si affida al web, col suo solito stile più che colorito, per stroncare sul nascere il taglio del finanziamento pubblico ai partiti annunciato in pompa magna, addirittura via Twitter, dal premier Enrico Letta e da altri membri dell'esecutivo. Il leader del Movimento 5 Stelle, quando si parla di tagli ai costi della politica, s'infervora facilmente e spesso ha ragioni da vendere. E anche questa volta svela parte della montatura pubblicitaria di Letta e maggioranza. Che però, a loro volta, dicono qualcosa di vero. I finanziamenti pubblici ai partiti non verranno eliminati, come spiegato da Letta, anche se effettivamente diminuiranno. E vero è anche che il meccanismo del 2 per mille del proprio reddito Irpef è stato effettivamente limato, evitando che chi nella propria dichiarazione dei redditi preferisse non devolvere i propri soldi ad alcun partito si ritrovasse, in modo analogo all'8 per mille, a finanziare "a pioggia" tutti i partiti in modo proporzionale. Però qualche piega insidiosa nel decreto sul finanziamento pubblico ai partiti c'è. Ai partiti i soldi delle tasse - Innanzitutto, come spiegato da Franco Bechis su Libero in edicola sabato 14 dicembre, i partiti non moriranno di fame: continueranno ad incassare 21,35 milioni dal Senato, 32,63 dalla Camera e 40 dalle Regioni. Indirettamente, le nostre tasse continueranno dunque a finanziarli. Il decreto del governo prevede comunque un taglio al finanziamento come correntemente inteso, ma progressivo. Il blocco entrerà a pieno regime solo nel 2017: gli attuali rimborsi elettorali saranno tagliati nel 2014 del 25%, nel 2015 del 50 % e nel 2016 del 75%. In soldoni, agli italiani i partiti costeranno 13,65 milioni in meno nel 2016 e 19 in meno dal 2017 in poi. Dal 2017 sarà attivo solo il finanziamento privato. Donazioni, sgravi e... - Indubbiamente, il passaggio dal pubblico al privato è un passo avanti all'insegna dell'adeguamento al referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti passato a maggioranza bulgare nel 1993 (31 milioni di voti). Restano comunque dei punti controversi. I partiti, per accedere alle erogazioni liberali o alle donazioni tramite 2 per mille dovranno dotarsi di uno statuto redatto nella forma dell'atto pubblico. I movimenti "liberi", insomma, dovranno adeguarsi e diventare più "rigidi". Le donazioni avranno comunque un tetto massimo: 300.000 euro annui per i privati e di 200.000 per le aziende (limite che secondo Forza Italia è un modo per diminuire la capacità di autofinanziamento di Silvio Berlusconi). Le detrazioni fiscali per le persone fisiche saranno del 37% per erogazioni comprese tra i 30 euro e i 20mila euro annui e del 26% per quelle tra i 20.001 e i 70mila euro annui. Le società potranno detrarre invce il 26% delle erogazioni liberali tra 50 e 100.000 euro. "La nuova disciplina - accusa poi Mario Staderini, ex segretario dei Radicali - è discriminatoria e quindi incostituzionale perché consente ai cittadini di destinare il 2 per mille solo ai partiti che hanno eletto parlamentari e agli altri nulla". "Il modo peggiore - sentenzia - per conservare rendite di posizione e impedire il rinnovamento". A chi lo critica, Letta replica secco, dai microfoni del Tg2: "Facciamo sul serio, ora decidono i cittadini". Sempre che conoscano i meccanismi fino in fondo, comprese scorciatoie e vie traverse. di Claudio Brigliadori