Facci: Forconi ardenti
Si fa presto a dire: "Bisogna parlare con loro". Loro chi? La verità è che siamo tutti forconi, e i politici hanno ben poco da dire
È come se dei medici si concentrassero sulle macchie anziché sul morbillo, sui sintomi e non sulla malattia: che vuol dire, a proposito dei forconi, che bisogna «parlare con loro»? «Loro» chi? I camionisti? I pastori? Gli studenti? I vandali? I tifosi della Juve? Il tizio della Jaguar? O l'altro leader, già trombato in Sicilia? E chi saremmo, allora, «noi»? Nel magma dei forconi c'è di tutto, vogliono tutto, che tutti si dimettano da tutto: è facilissimo attaccarli come difenderli, giustificarli come condannarli, i loro problemi sono singolarmente inaffrontabili (se non in termini di «dateci dei soldi», o «più soldi», o lavoro, cioè ancora dei soldi) e globalmente sono le escrescenze di una malattia che ha un nome solo, il solito: crisi economica, o più precisamente, cambiamento di modello economico. È una malattia sofferta anche da chi non scende in strada: siamo tutti forconi e non lo è nessuno. E non c'è politico - teorico medico - che abbia bisogno di parlare coi forconi per scoprire che da anni esiste questa malattia: che è una pandemia, che in parte viene da fuori, è vero, però qualcosa si può fare lo stesso. Peccato che la cura, per ora, sia un'alternanza tra i pannicelli del governo e i clisteri della Guardia di finanza, che ormai ha le modalità di un energumeno che recupera i crediti. Parlare coi forconi, parlare col Paese: fa lo stesso. Il punto è avere qualcosa da dire. di Filippo Facci