Alfano fregato: se vota la fiducia è come Vendola
Angelino ostaggio della sinistra, vera proprietaria del governo dopo l'addio di Forza Italia. Così rischia di fare la fine di Fini
Adesso, per Alfano e i suoi le cose si fanno imbarazzanti. E difficili. Berlusconi lo aveva detto il giorno dopo l'annuncio della scissione, quando Angelino e i suoi decisero di non aderire a Forza Italia fondando invece il Nuovo centrodetra: Alfano resterà col cerino in mano. E ora che si alza il velo sul maxiemendamento alla Legge di stabilità, è difficile non definire così la posizione dell'ex delfino del Cavaliere. Il reddito minimo è infatti un provvedimento che di più sinistra non si può, qualcosa di assolutamente lontano dai desiderata di un elettorato di centrodestra. Una misura che fa parte del programma con cui il Movimento 5 Stelle si presentò alle elezioni dello scorso febbraio, tanto per dire della distanza. Che poi il fondo al quale attingere per varare quel reddito minimo venga costituito andando a pescare i soldi anche nel prelievo forzoso del 5% (definito "di solidarietà") sulle pensioni a partire dai 90mila euro annui, è una cosa che fa vedere i sorci verdi a chi abbia votato centrodestra e si riconosca nei valori del liberalismo e del libero mercato. Una cosa da comunisti, degna di Nichi Vendola, al quale evidentemente il governo che scricchiola dopo l'addio di Forza Italia sta già strizzando l'occhio. E a poco vale che il fondo ammonti a una quarantina di milioni l'anno per tre anni (2014-206). E' il principio, che è di sinistra. Ma Alfano ha votato la fiducia. "La legge di stabilità è una scusa che non regge di fronte alle difficoltà del governo. Michaela Biancofiore è tornata ad attaccare Angelino Alfano per la rottura con Silvio Berlusconi. "Alfano ha perso la bussola politica. E' lui infatti - ictu oculi - che ha boicottato Letta, l'Italia e il suo partito", ha dichiarato la coordinatrice di Forza Italia in Trentino Alto Adige. L'intelligenza politica - aggiunge l'esponente di Fi- avrebbe voluto che lui, capo delegazione del Pdl-Fi per mandato di Berlusconi e l'elettorato di centrodestra, ponesse le condizioni a Letta e al Pd per un governo addirittura che arrivasse a fine legislatura, cioè al 2018, e che imponesse le riforme istituzionali, la riforma del fisco e la contrattazione con l'Europa per sforare il tetto del 3%. Un governo che mettesse davvero al centro del suo mandato il bene dell'Italia e la crisi economica e non la decadenza da senatore del presidente Berlusconi. Questo gesto coraggioso, che gli sarebbe valso il rispetto di tutti, Alfano non lo ha fatto preferendo spaccare il suo partito, voltare le spalle al suo leader e trasferirsi armi e bagagli sotto l'ala di un Pd diviso tra governisti e renziani", conclude Biancofiore.