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Matteo Salvini come Adolf Hitler, la porcheria in Rai: nazi-agguato con i soldi del canone

Davide Locano
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Soffrono di Sindrome 33 e dovrebbero dire 33, come da un dottore, per guarire da questa loro ossessione. È una malattia cronica che li porta a far continui paragoni tra ieri e oggi, a cercare analogie tra nazismo e Lega, tra Hitler e Salvini, evocando il mostro e alimentando l' idea che il passato possa tornare Il dramma è che ora lo fanno non più in maniera provocatoria, con consapevoli forzature, ma cercano supporti storici alle loro tesi, sostenendole in libri e trasmissioni apparentemente rigorose, e ripetendole senza sbraitare ma in tono tranquillo, ragionato, e pertanto ancora più inquietante. Metteva i brividi, l' 11 giugno, ascoltare su RadioTre la puntata di Fahrenheit in cui veniva presentato il libro di Siegmund Ginzberg, Sindrome 1933, edito da Feltrinelli. Il saggio si propone di risalire alle origini dell' ascesa al potere di Hitler nel '33, ma l' intervista da parte del conduttore, Graziano Graziani, diventava l' occasione per fare continui raffronti col presente, alla ricerca di somiglianze, corsi e ricorsi, raggelanti elementi comuni. E così tutta la chiacchierata veniva costruita su questo filo rosso, o meglio nero, senza alcun contradditorio. Si partiva dall' idea, sostenuta da Graziani, per cui oggi come allora c' è stato «l' irrompere del discorso populista» con «una modalità di espressione che è più emozionale, meno razionale, ma fa presa sull' elettorato». Tanto da consentire già in passato a chi la interpretava «un' ascesa sottovalutata dai partiti tradizionali». Leggi anche: Indiscreto-Salvini, quando farà cadere il governo PERCENTUALI RITOCCATE È stato infatti questo linguaggio da «costante campagna elettorale», come lo chiama Ginzberg, a permettere a Hitler una crescita improvvisa, pressoché identica nei numeri, dice lui, a quella di Salvini. L' autore del saggio sottolinea che «il partito di Hitler di poco superava l' 1%, poi nel 1930 ebbe il grande balzo e andò al 17% e nel '32 raggiunse il 34%: una percentuale non molto dissimile da quella che ha avuto la Lega a queste Europee». Ginzberg forza un po' i numeri (nel 1930 Hitler era al 18,3% e nel 1932 al 37,4%) ma non importa perché l' unico scopo è dimostrare che i due partiti, quello nazista e quello leghista, sono cresciuti in maniera pedissequa: da percentuali basse al 17 fino al 34 E alla base di questa impennata vertiginosa, a detta dei due, ci sono gli stessi elementi: «la promessa di dare tranquillità, ordine, moralità» a un Paese vittima di «degrado morale» (Ginzberg), «l' accento sulla cronaca nera, l' ossessione per la sicurezza» (Graziani) e poi il grande classico, l' identificazione dei nemici da abbattere, ossia i disperati e le élite. Sentite qui l' autore del saggio: «In Germania i delinquenti erano identificati con gli ebrei, soprattutto quelli immigrati che scappavano dalla povertà, dalle guerre ed erano sentiti come non desiderati. Poi si aggiunse l' antisemitismo verso le élite, che erano intellettuali famosi, giudici». Migranti ed élite, allora come adesso, fanno il successo del verbo populista, ossia nazista, quindi leghista, perché pari sono, o giù di lì, a sentire la trasmissione Il conduttore a un certo punto legge il messaggio di una lettrice: «La situazione non è somigliante, ma tale e quale, è sconvolgente». LA STORIA NON SI RIPETE Poi, dopo tutto questo fare raffronti, sovrapposizioni, identificazioni, scatta il timore di averla sparata troppo grossa, con Graziani che prova a mettere una toppa e dice «Non ci troviamo davanti alla stessa pagina di storia. La storia non si ripete mai» e Ginzberg che aggiunge «Dire che Salvini è come Hitler e che Di Maio gli assomiglia sarebbe una sciocchezza. Però ci sono delle somiglianze, delle analogie». Siamo al culmine del ridicolo, alla sindrome ossessiva che diventa commedia perché il parallelismo prima viene sostenuto, poi negato poi di nuovo affermato. «Non gli somiglia però ci sono somiglianze». Non viene neppure voglia di argomentare quanto sia sballato, strumentale, ideologicamente accecato questo paragone. Viene solo voglia di sottolineare che, finché i suoi avversari argomenteranno le loro tesi a questo modo, Salvini potrà farsi una risata. Però magari, la prossima volta, costoro vadano a costruire le loro farneticazioni altrove, e non su una radio del servizio pubblico, dove siamo noi a pagare le loro «sciocchezze». di Gianluca Veneziani

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