Nicola Zingaretti vuole portare il Pd al 3%: patrimoniale, ecco il piano perfetto del segretario
Il colpo di genio finale, l'arma definitiva. All'inizio Nicola Zingaretti aveva immaginato che la mossa migliore, mentre Bruxelles ci chiede la manovra correttiva, fosse quella di inserire nel simbolo del Pd per le prossime elezioni la frase "Siamo Europei". Poi, memore degli insuccessi delle grandi ammucchiate, se n' è uscito con un appello a tutti i cespugli di sinistra, per tentare di rastrellare qualche voto in più. Ma il segretario Dem aveva la sensazione che al piano per abbattere il partito, risparmiandogli così gli ultimi istanti di agonia, mancasse ancora qualcosa. Ed ecco l' idea. L' ispirazione gli è venuta nel corso del vertice di mercoledì con la delegazione dei sindacati capeggiata dal neo segretario della Cgil, Maurizio Landini. È lì, durante l' incontro al Nazareno, che è scattata la scintilla: rilanciare la tassa sui patrimoni non solo per far tornare i conti, ma per finanziare un grande piano di investimenti in grado di dare vita ad un nuovo modello di sviluppo. L' ipotesi, messa nero su bianco da Landini in un' intervista comparsa ieri sulle pagine di Repubblica, è formidabile. La sostanza è stravecchia: nobili intenti, mani in tasca ai contribuenti. Ma il tempismo non si discute. Rispolverare la patrimoniale lo stesso giorno in cui l' Istat certifica che gli italiani sono più poveri e che le tasse sono aumentate a dismisura è roba da fuori classe assoluti. Leggi anche: Nicola Zingaretti si gioca Orlando per far contenti i comunisti Zingaretti ha pensato seriamente di cavalcare la campagna suicida. Del resto, deve aver riflettuto, agli elettori del Pd l' idea di togliere un po' di soldi ai ricchi non è mai dispiaciuta. E in fondo la logica dell' esproprio proletario è anche nel dna del popolo grillino, su cui bisogna lavorare per recuperare consensi. Senza contare, infine, che il partito non è finora riuscito a tirare fuori uno straccio di piano alternativo a quello di governo per l' economia. Meglio la patrimoniale, insomma, che niente. L' ipotesi ha trovato subito il consenso dei potenziali amici (nell' opzione ammucchiata) di Mpd e Leu. E persino il presidente degli industriali, Vicenzo Boccia, pur respingendo lo specifico progetto, si è azzardato ad aprire uno spiraglio per una complessiva riforma fiscale. Per il resto, però, la prospettiva di un nuovo balzello è stata letteralmente travolta da una valanga di critiche. E non solo da chi, come Forza Italia, Fratelli d' Italia e Lega, da sempre sostiene che le tasse siano già troppe. Tra i primi ad escludere qualsiasi mossa del genere si è fatto notare Luigi Di Maio, che non ha evidentemente alcuna intenzione di perdere quel gruzzolo di voti che gli è rimasto. Ma rapidamente si sono accodati anche moltissimi esponenti Dem, sia per questioni di appartenenza renziana sia per quel pizzico di sale in zucca che non può non far pensare alla nuova composizione dell' elettorato del Pd: concentrato nelle classi più agiate dei grandi centri urbani. Alla fine, un po' a malincuore, anche lo stesso Zingaretti ha dovuto fare marcia indietro. In serata ha fatto mestamente circolare la sua smentita. «Non so se è una proposta del sindacato, certo non è una proposta Pd». Tutto rientrato, dunque. Per ora. Ma possiamo stare certi che un' altra buona idea arriverà presto. di Sandro Iacometti