Pdl, Berlusconi contro Alfano: parte la conta
Spaccare il partito per tenerlo unito, o perlomeno non disintegrarlo del tutto. La scommessa di Silvio Berlusconi è di quelle rischiose, alla "o la va o la spacca". Tra Pdl e Forza Italia sono giorni frenetici, di conta. Si contano i falchi (Denis Verdini assicura: "Siamo l'80%"), si contano le colombe ("Al Senato siamo 27", anche se allo scoperto per ora sono 22), e il Cavaliere per ora attende. "Se i ministri se ne vanno in blocco, Alfano compreso, a questo punto ci fanno un favore", avrebbe detto l'ex premier durante il pranzo con i falchi a Palazzo Grazioli, giovedì, stando a quanto riferisce Francesco Bei su Repubblica. La conta dei numeri - Espressione dura, ma in fondo verosimile. Berlusconi non ne può più dei tira-e-molla, dei distinguo. Sicuramente non ha gradito l'iniziativa dei 22 "innovatori" che hanno scritto al presidente del Senato Pietro Grasso per chiedergli di ripristinare il voto segreto sulla decadenza. In teoria, mossa pro-Cav. Sotto sotto, è l'accusa di molti del Pdl, una mossa per prendere le distanze dall'ala dura del partito, decisa a mettere in atto misure di protesta decisamente più eclatanti. Anche per questo, Berlusconi ha invitato Alfano e i suoi ad aderire al documento presentato da Fitto per dare vita alla nuova Forza Italia. Se al Congresso nazionale di dicembre sarà spaccatura definitiva, lo capiremo nei prossimi giorni. Forse il Cav ha intenzione di rivedere il partito, ridisegnarne i vertici, dare un colpo di spugna a queste settimane di polemiche. Pdl "spacchettato" - Nel frattempo, deve però pensare anche al governo e alle prospettive future. Farlo cadere subito potrebbe essere un rischio. Meglio logorarlo lentamente (provocando la crisi, via Renzi), spacchettando il partito. Da una parte i duri e puri, che passerebbero all'opposizione morbida, intesa come appoggio esterno. Dall'altra i governisti, i ministeriali, gli innovatori: una pattuglia nutrita al Senato (diciamo una trentina), a pieno titolo nella maggioranza, consentirebbe a Letta di andare avanti con il vice Alfano e una maggioranza politica. Dall'altra parte, Berlusconi avrebbe mano libera per criticare eventualmente l'operato dell'esecutivo (in chiave di campagna elettorale, farebbe molto comodo) pur detenendo un certo potere di condizionarne l'operato, per esempio su manovra, tasse e legge elettorale. Anche perché in fondo (è il sottotesto della strategia berlusconiana) che futuro potrebbero avere Alfano e i suoi ribelli una volta all'esame degli elettori?