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Il Pd stoppa il Letta-bis: ha fretta di votare

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D'Alema, Epifani e Bersani chiudono la porta a un Letta bis e puntano tutto sulle elezioni anticipate, che impedirebbero a Renzi di prendersi il partito

Matteo Legnani
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Forse Massimo D'Alema non sarà il Migliore, come amava farsi chiamare un suo celebre predecessore alla guida dei comunisti italiani, però si può dire che nessuno meglio di lui può essere definito il Cinico. L'ex presidente del Consiglio ed ex segretario dei Ds, pur essendo ufficialmente fuori dai giochi in quanto non siede in Parlamento, ha infatti la capacità di spiegare con freddezza e senza troppi giri di parole il nocciolo del problema.  In questo caso il nocciolo è la posizione del Partito democratico riguardo al governo Letta. Come abbiamo scritto, nel Pd vedono la caduta dell'esecutivo come un'occasione per far secco Renzi ed evitare le primarie per la guida del partito. Chi se ne importa della stabilità finanziaria e dei contraccolpi che la campagna elettorale potrebbe avere sulle casse pubbliche, di cui fingono di preoccuparsi.  Se c'è la crisi e si va alle elezioni si prendono due piccioni con una fava.  Da un lato si possono mettere le tasse, lo spread e la speculazione contro l'Italia sulle spalle del Cavaliere, addebitandogli  il rischio di un fallimento del Paese.  Dall'altro,  se si tornasse a votare non ci sarebbe tempo per fare due primarie in pochi mesi, ovvero quelle per la segreteria del partito e a seguire quelle per la candidatura a Palazzo Chigi. Le prime dunque salterebbero per consentire le seconde e il Pd rimarrebbe saldamente nelle mani della nomenklatura rossa, mentre Renzi e Letta si giocherebbero la partita per chi debba guidare l'esecutivo. Mentre molti dirigenti del gruppo guidato da Epifani sussurrano questo scenario ma evitano di parlarne in pubblico, Massimo D'Alema ha invece sufficiente arroganza intellettuale per dire le cose come stanno, senza darsi pena di coprirle dietro a una cortina di fumo come invece fanno spesso certi suoi colleghi. Risultato: l'ex premier rottamato da Renzi ha spiegato che se le elezioni dovessero tenersi tra fine febbraio e i primi di marzo non ci sarebbe tempo per chiedere agli iscritti di votare prima per il segretario e poi per il candidato presidente del Consiglio, dunque bisognerebbe fissare a dicembre la decisione sull'uomo da mandare a Palazzo Chigi. Non solo. Per essere ancora più chiaro e non lasciar spazio ad equivoci, l'ex ministro degli Esteri che arrivò al punto di passeggiare a braccetto con gli esponenti libanesi di Hezbollah ha chiarito il suo pensiero circa il Letta bis. «Non si governa con un pugno di dissidenti», ha sentenziato senza appello, escludendo la possibilità che possa nascere un esecutivo sostenuto da Pd, Sel, Scelta civica e dai dissidenti presi a prestito dal Movimento Cinque stelle e dal Popolo della libertà.  Certo, lui di esecutivi  tenuti in piedi con i voti degli altri ha una certa esperienza, perché quelli da lui presieduti nacquero grazie al supporto di gente eletta con il centrodestra poi passata a sinistra (ci fu addirittura un'inchiesta per appurare la compravendita di onorevoli, ma tutto finì per il meglio con un'archiviazione). Ora, con una certa faccia tosta il lìder Massimo dice che non si fa così, che non si regge una legislatura con i dissidenti. Tradotto, il Cinico D'Alema sta mettendo una pietra sopra Enrico Letta, chiudendo la questione del bis. Mentre tutti gli occhi sono puntati su Berlusconi e i suoi ministri, Spezzaferro (altro soprannome dell'ex premier) mette un macigno anche sull'altro compagno di partito che si dava da fare per assicurarsi che morto un Letta se ne facesse un altro, cioè  Napolitano, che era e resta il solo vero grande sponsor del governo di larghe intese. Dopo Monti e Letta basta esperimenti di grosse coalizioni, è il messaggio inviato sul Colle.  Qualcuno a questo punto potrebbe credere che sia solo il Cinico ex premier a pensarla così, ma in realtà questa è la linea di mezzo partito o forse di tutto. Epifani in tv ha detto no a governicchi e così pare pensarla perfino Bersani, mentre Renzi, pur fiutando la trappola, preferisce le elezioni piuttosto che rimanere per mesi a bagnomaria. Insomma, i giochi sembrano fatti. Soprattutto sembra respinta la disponibilità dei ministri Pdl a fare da stampella al governo. Il Pd vuole votare e dare la colpa a Berlusconi per tutto ciò che accadrà, Iva compresa. Il Cavaliere dal suo punto di vista è convinto che con le elezioni riuscirà a ribaltare ancora una volta il tavolo. Grillo, se si torna alle urne, sogna di liberarsi di tutti i rompiscatole che ha mandato in Parlamento. Dunque, alla fine tutti vogliono andare ai seggi, ma il solo che ha il coraggio di dirlo, al solito, è Berlusconi, mentre D'Alema si limita a farlo capire.  di Maurizio Belpietro

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