Il vecchio vizio leninista che rovina il Partito democratico
Nel Pd tutti credono di avere la verità assoluta e nessuno accetta il confronto e l'esito delle urne
di Mario Giordano S'avanza sulla scena una nuova categoria: il gruppo di Quelli con la Verità Democratica in Tasca. Nessuno sa dire come sia arrivata nella loro Tasca la Verità Democratica, nessuno sa quale rivelazione divina abbiano avuto, quello che è certo è che, avendo la Verità Democratica in Tasca, gli adepti della nuova dilagante setta non accettano il confronto, non accettano il dialogo, non accettano nemmeno il voto che per loro diventa un inutile orpello della democrazia. Se uno la Verità Democratica se la ritrova in Tasca, del resto, perché complicarsi la vita facendo il giro dell'urna? Uno dei militanti della Verità Democratica in Tasca è sicuramente il sindaco di Bari, Michele Emiliano: si è fatto notare per una brillante intervista al Fatto di ieri, che gli potrebbe fare conquistare molti consensi all'interno del movimento, se dei consensi gliene importasse mai qualcosa. In effetti: a che serve avere qualcuno che approva le tue idee, se tu sai fin dal principio per rivelazione divina che le tue idee sono giuste? Michele Emiliano, per esempio, è sicuro di avere ragione per quanto riguarda le scelte del Pd sul futuro governo Letta: bisogna votare contro. E perché? Perché è giusto così, lo dice la Verità Democratica che lui consulta nella sua Tasca. E se il partito decide diversamente? Semplice: il partito viene espulso. Proprio così: espulso. La Verità Democratica non ammette che un partito, per quanto democratico, assuma altre posizioni rispetto alla Verità Democratica medesima, per come essa si è rivelata nella Tasca di Emiliano. Vi prego di fare attenzione e di affrettarvi ad aggiustare i manuali di scienza della politica, perché siamo di fronte a una svolta importante: un partito (democratico) candida il suo vicesegretario a formare un governo. Poi bizzarramente decide che se il medesimo vicesegretario si dovesse presentare in Parlamento a chiedere la fiducia (pensa un po') il partito potrebbe decidere a maggioranza di votarla. E aggiunge che, se qualcuno fosse in disaccordo a seguire la linea su un punto così importante si metterebbe automaticamente fuori dal partito. Vi sembra normale? Macché. Quelli rispondono come Emiliano: «Altro che mandarci via, se ne vadano loro». Proprio così: la maggioranza del partito, guidata dal vicesegretario, viene minacciata di espulsione ad opera di una minoranza guidata dal sindaco di Bari. E in base a che cosa? È ovvio: in base al fatto che la minoranza ha la Verità Democratica in Tasca. Se uno ha la Verità Democratica in Tasca, i criteri della democrazia non valgono più nulla. Maggioranza? Minoranza? Elezioni? Consultazioni popolari? Macché: loro hanno ragione. E siccome hanno ragione è il voto, per dire, che si deve adeguare alla loro volontà, non viceversa. L'altro giorno in piazza c'era uno esponente della Verità Democratica in Tasca, corrente Urlatori, che questo concetto l'ha espresso alla perfezione: «È antidemocratico non aver votato Rodotà». Chiaro, no? Il voto per essere democratico deve adeguarsi alla Verità che sta in Tasca, altrimenti perde la connotazione di democratico e diventa un voto a perdere, forse un inciuccio, insomma una porcheria. Di fatto, una cosa inutile. Mi domando, infatti, a che serva ancora perseguire con ostinazione la pratica elettorale quando sarebbe così semplice farsi dire le scelte giuste da quelli con la Verità Democratica in Tasca. Chiaro, no? Li mettiamo lì in una stanzetta, magari un tweet a disposizione, e poi via, una volta che hanno stabilito quello che bisogna fare, lo si fa. Punto e basta. Perché correre ancora il rischio di sottoporlo alla volontà popolare? Perché questa mania di rivolgersi agli elettori? E se poi gli elettori, per dire, non s'adeguano alla Verità Democratica rivelata nella Tasca di costoro? Se scelgono liberamente chi vogliono loro? Diciamocelo: questo voto non sarà una pratica piuttosto inutile e financo pericolosa? Soprattutto: il voto non sarà una pratica anti-democratica? È un modo di pensare, come vedete, che porta rapidamente al leninismo: le masse non capiscono niente, vanno educate, noi abbiamo la Verità Democratica in Tasca e dunque della democrazia non ce ne importa nulla. Gli altri manco li vogliamo ascoltare. Manco li facciamo parlare. L'altra sera a Servizio Pubblico hanno preso la parola due studenti dell'Università di Pisa. Erano stati invitati per esprimere le ragioni della loro protesta contro il ministro Profumo, cui sono seguiti un po' di tafferugli. L'hanno spiegato così: «Ci hanno impedito di entrare in sala». Ah, volevate entrare per esporre le vostre idee? «No, volevamo entrare per impedire al ministro di parlare». E perché volevate impedirglielo? «Perché dell'Università possiamo parlare solo noi». E perché potete parlare solo voi? «Perché solo noi sappiamo cosa bisogna fare perciò impediremo a tutti gli altri di parlare». Non è fantastico? Poi si stupiscono dell'intervento della polizia. L'unica alternativa, qualcuno glielo comunichi, sarebbe l'intervento dell'ambulanza. Del resto, che ci volete fare? Quelli con la Verità Democratica in Tasca sono fatti così: non hanno bisogno di sentire parlare gli altri, non hanno bisogno di confrontarsi, non hanno bisogno di conoscere gli esiti del dibattito o di altre pratiche desuete come il voto. Loro sanno già che cos'è giusto e che cosa non lo è, conoscono il torto e la ragione, e se per caso sono in minoranza, che importa? Espellono la maggioranza. A meno che essa non ammetta la grave colpa di essere maggioranza. «Se si scusano, li perdoniamo», dice infatti Emiliano a conclusione della intervista sul Fatto. È chiaro? Tu puoi anche votare, se proprio insisti. Ma se per caso questo voto va contro la Verità piovuta nelle loro Tasche, non hai altra scelta: ti devi mettere in ginocchio sui ceci per chiedere scusa. Affidandoti alla loro democratica clemenza.