Il copione si ripete. I sondaggisti anche questa volta non hanno previsto le sorprese del voto. E ora è tempo di analisi e di qualche mea culpa. Nessuno aveva previsto che Renzi avrebbe sfondato il muro del 40%. La maggior parte dei sondaggisti assegnava al Pd un vantaggio di 5-6 punti sul Movimento 5 Stelle (Euromedia, Ipr, Ixè), e c'era anche chi - come Tecné - relegava i Dem sotto al 30%. Oggi su diversi quotidiani gli sconfitti dei numeri fanno il punto sulla situazione, dando la colpa - un po' come Grillo - agli elettori: reticenti, indecisi, bugiardi, ballerini. "Quando ho visto le proiezioni che stavo per consegnare a Sky, ho pensato: vabbé, io allora emigro in Australia", dice a Repubblica Maurizio Pessato, direttore della Swg. "Noi abbiamo fatto le domande giuste, ma molti italiani ci hanno dato le risposte sbagliate. Un milione di elettori sono passati da Grillo al Pd: evidentemente erano riluttanti ad ammettere il tradimento. E un altro mezzo milione ha lasciato Berlusconi per Renzi: capisco che non avessero voglia di confessarlo. Potevamo essere più cauti? Sì, potevamo... Col senno di poi....". Poi è il turno di Roberto Weber dell'istituto Ixè che dopo i risultati rilancia: "Sapevamo tutto". Facile dirlo a urne chiuse. "Non è vero che nessuno si aspettava questi risultati - confessa - direi piuttosto che nessuno si è arrischiato a darli. Sapevamo che la fiducia in Renzi era altissima, e quella in Grillo calava, e nelle ultime rivelazioni avevamo anche noi il Pd al 40%, ma l'errore delle politiche ci ha spinto a essere prudenti". "Abbiamo sbagliato" - Altri, come Alessandra Ghisleri di Euromedia Research ammettono di essersi sbagliati. "È vero, noi non abbiamo centrato il distacco tra Pd e Cinque Stelle, né quello tra Renzi e Berlusconi. Perché? Perché ormai c'è una quota di voto mobile, un elettorato non ancora fidelizzato che non riusciamo ancora a fotografare con i sondaggi". È d'accordo Antonio Noto, direttore di Ipr: "Fino all'anno scorso la quota di elettori che cambiava partito era inferiore al 10%, ma nel 2013 ha cambiato partito il 40%. Siamo passati dalla fase della fedeltà a quella della scelta last minute". "Ciascuno di noi può sbagliare, ma quando sbagliamo tutti insieme vuol dire che il problema non siamo noi", incalza Carlo Buttaroni di Tecné. Or agli elettori si spostano "come un branco", prosegue Noto: "la quota degli indecisi c'è sempre stata, solo che prima si spalmava un po' su tutti i partiti, mentre adesso per due volte di seguito si sono spostati tutti insieme, come un branco, prima su Grillo e poi su Renzi".