Pdl, il sondaggio choc dei ribelli: "Senza Berlusconi siamo al 30%"
di Barbara Romano Mentre attendono che l'uomo Monti dica sì, i pasdaran del Pdl riuniti oggi al teatro Olimpico di Roma temono l'ultimo colpo di coda del Cavaliere. Anche perché il premier metterà paletti ben precisi se scenderà in campo alla guida dei moderati. Paletti che ha già anticipato agli ambasciatori azzurri: Berlusconi dovrà cedere ogni potere al segretario di partito Alfano e non dovrà partecipare alla campagna elettorale. Condizioni irricevibili per l'ex premier. Il Cav infatti, ha già detto e ridetto che intende eccome dare il suo contributo. Ieri, infatti, dai microfoni del Tg5, Berlusconi ha dato il via alla campagna elettorale, lanciando un appello al voto utile: «Gli italiani si concentrino sui grandi partiti: ce n'è uno a sinistra e uno di centrodestra, il nostro, il Popolo delle libertà». E nell'elencare tutti i successi del suo governo, ha sottolineato: «Il Pdl è l'unico a poter tenere uniti i moderati che sono la maggioranza nel Paese». Ma non ha mai nominato Monti. I montiani del Pdl ora temono la reazione del Professore. Ma temono ancora di più che, se il premier puntasse i piedi e insistesse nel volerlo estromettere, Berlusconi faccia saltare il tavolo e si lanci lui per la sesta volta alla conquista di Palazzo Chigi. Ipotesi che, tranne gli scissionisti alla Mario Mauro, quelli di Italia popolare hanno messo nel conto. E sono anche disposti a cavalcarla, purché il Cav sposi in toto il loro dodecalogo. Ma, in tal caso, dovranno fare i conti con Maroni, che ieri ha rifatto endorsement sul segretario del Pdl. «Abbiamo indicato Alfano come uno dei possibili candidati su cui la Lega potrebbe starci», ha detto il leader della Carroccio alla presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa a Milano, dove ha confermato che invece «è impossibile un sostegno alla premiership di Monti». Cacciata dalla porta di palazzo Grazioli, la candidatura di Alfano rientra dunque dalla porta del teatro Olimpico come piano B dei montiani del Pdl nel caso il Professore dovesse rispondere picche. C'è chi, come Mario Landolfi, la invoca apertamente: «Si riparta dalla candidatura di Alfano». I sondaggi che circolano a via dell'Umiltà rivelano che Pdl più lista Monti (area magmatica che va da Casini a Montezemolo passando per Riccardi, Bertolini, Stracquadanio e Pezzotta), con l'ex rettore candidato e senza Lega, totalizzerebbero il 28-30%, contro il Pd quotato tra il 33 e il 34%. Mentre Pdl con Berlusconi candidato più Lega, contro un centro forte e coagulato attorno alla candidatura di Monti, non si discosterebbe molto dal 20%. Una cosa è certa, chi oggi è al teatro Olimpico non fa una battaglia di testimonianza: «Noi giochiamo per vincere», tiene a precisare il senatore Andrea Augello, «tra oggi e il 21 dicembre i moderati si giocano l'opportunità di battere il centrosinistra. Per la prima volta dopo mesi è possibile ribaltare la situazione, con il più ampio consenso nazionale e internazionale». Ci saranno tra gli altri Franco Frattini, Roberto Formigoni, Maurizio Lupi, Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Barbara Saltamartini. Berlusconi è combattuto tra il buttare una bomba sul teatro Olimpico o metterci il cappello. Ricondotto a più miti consigli dalle sue colombe, alla fine, pare, si limiterà a inviare un documento ultra filo-Ue sul popolarismo europeo. I suoi falchi, intanto, continuano a sparare a zero sui montiani del partito. Sui transfughi del Pdl si abbatte la maledizione di “Lady Oscar”: «Nessuno li voterà», profetizza Michaela Biancofiore. Anche se la deputata altoatesina che non ha mai ammainato la bandiera di Forza Italia non è convinta che siano tutti scissionisti al teatro Olimpico: «Alcuni sì, altri no. Ma quelli che pensano di mollare Monti per Berlusconi, sono degli ingrati perché tutti miracolati da Silvio». Dall'altro lato della barricata di un Pdl sempre più diviso, invece, prevale il richiamo all'unità. «Non c'è nessuna spaccatura al nostro interno», giura Maurizio Lupi, esponente ciellino di spicco nel partito nonché vicepresidente della Camera. Un appello più vasto è quello che lancia il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, rivolgendosi al leader dell'Udc: «Gli attacchi di Casini hanno un senso politico del tutto sbagliato, se lui dividesse i moderati farebbe un pessimo servizio a Monti». Una mano tesa potrebbe materializzarsi oggi all'Auditorium di via della Conciliazione, dove, alle “Primarie delle idee” indette da Giorgia Meloni e Guido Crosetto, sono attesi Mario Mauro e Alfredo Mantovano. Nella babele in cui versa il Pdl ci mancava solo Gerardo Bianco a complicare la situazione. L'ex segretario del Ppi rivendica la paternità del marchio Italia popolare, che lui sostiene di aver fondato nel 2005. Accusa gli alfaniani di «appropriazione indebita» e li ammonisce affinché si cerchino un altro nome. «Altrimenti», minaccia, «dovremo passare ad azioni legali».